Repubblica 17.5.16
Caporalato, gli sfruttati sono 430 mila
Aumento
di trentamila unità in 12 mesi. In agricoltura il boom dei voucher
maschera il lavoro nero In un anno l’uso dei ticket è cresciuto del 67%.
Doveva fare emergere il sommerso, è servito al contrario
di Luisa Grion
ROMA.
Voucher e caporalato: il primo doveva essere lo strumento principe per
l’emersione del lavoro nero, il secondo un retaggio del passato. Non è
andata così e i numeri lo dimostrano.
Si stima che nel 2015 le
vittime del caporalato siano state 430 mila, 30 mila in più rispetto a
un anno prima, per l’80 per cento stranieri, oltre 100 mila in grave
disagio ambientale e abitativo. E di «ticket» , in questi anni, se ne
sono venduti una quantità che poco ha a che fare con l’idea di
remunerazione di lavoro occasionale per il quale erano stati creati. Fra
il 2014 e il 2015 l’utilizzo del voucher è aumentato del 67,5 per
cento; una ricerca Inps-Veneto lavoro ha appena reso noto che dal 2008
ad oggi due milioni e mezzo di italiani sono stati pagati con il
«buono», passando dai 25 mila «voucheristi» di otto anni fa al milione
380 mila dello scorso anno. Più che di lavoro occasionale si tratta di
norma, tanto che il buono - studiato soprattutto per dare legalità alla
raccolta stagionale nei campi - è utilizzato solo in minima parte dagli
imprenditori del settore: 16 mila contro i 250 mila dell’industria e del
terziario.
In agricoltura il voucher, di fatto, è servito per
dare una parvenza di regolarità ad aziende che utilizzano il nero per la
maggior parte dei rapporti di lavoro e il suo ingresso sul mercato
nulla è valso contro la piaga del caporalato, che in questi anni, si è
allargata. «C’è un abuso acclarato in tutti i settori - afferma Luigi
Sbarra della Fai-Cisl - e la tracciabilità annunciata dal ministro
Poletti non è risolutiva. Il voucher è un “caporale di carta” che
colpisce le tutele, nega Tfr, assistenza, malattia e ammortizzatori
sociali».
Un “caporale di carta” che non ha indebolito quelli in
carne ed ossa. Anche qui le cifre parlano chiaro. Le stime di Cisl e
Cgil concordano nel segnalare un fenomeno in crescita. Il terzo rapporto
«Agromafie e caporalato» realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto
della Flai-Cgil dimostra che ci sono 80 distretti agricoli nei quali,
pur se con diversa intensità, si registrano casi di grave sfruttamento e
caporalato. Senza distinzioni fra Nord e Sud: si pratica nella raccolta
di pomodori al Sud, come nei vigneti del Chianti e del Prosecco. Un
business che tra infiltrazione della criminalità e sfruttamento muove
tra i 14 e 17,5 miliardi di euro. E che costa allo Stato 600 milioni
l’anno di evasione contributiva. C’è una proposta del governo che
prevede fra altro - la confisca dei beni obbligatoria, il reato di
intermediazione illecita e sfruttamento, la punibilità del caporale e
dell’azienda consapevole, il risarcimento per le vittime. I sindacati
dicono che si poteva fare meglio, ma che soprattutto si deve fare. La
legge è ferma al Senato e la campagna di raccolta sta per cominciare.