Repubblica 17.5.16
Il richiamo del Papa ai vescovi “Siate sobri, basta proprietà”
Francesco apre l’assemblea della Cei: “Bruciate le ambizioni di carriera e di potere. Rinunciate ai beni non necessari”
Su “La Croix” parla di dialogo con l’Islam “Eutanasia e nozze gay? Decida il parlamento”
di Paolo Rodari
CITTÀ
DEL VATICANO. Chi aspettava un intervento sulle vicende politiche
italiane, dalle unioni civili all’immigrazione, è rimasto deluso. Le
parole di ieri pomeriggio di Papa Francesco all’annuale assemblea
generale della Cei sono entrate invece con forza nel tema principale
della stessa assemblea: il rinnovamento del clero. Un tema caldo, per la
Chiesa, perché tracciare l’identikit del sacerdote significa indicare
un modello preciso, che per Bergoglio dista anni luce dalle tentazioni
del carrierismo e del personalismo: «I preti — ha detto — brucino sul
rogo le ambizioni di carriera e di potere».
Per Francesco il
sacerdote ideale è colui che «non ha un’agenda da difendere» ma «si fa
prossimo di ognuno», ha uno «stile di vita semplice ed essenziale» che
lo rende credibile ed è «attento a diffondere il bene con la stessa
passione con cui altri curano i loro interessi». E per quanto riguarda
la «gestione delle strutture e dei beni economici» Francesco dice ai
vescovi riuniti le parole forse più incisive: «In una visione
evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione,
che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete
soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del
popolo di Dio».
Il ritorno all’essenziale è il leitmotiv degli
interventi tenuti da Francesco in questi tre anni di pontificato davanti
alla Chiesa italiana. Se al convegno ecclesiale di Firenze aveva
evocato la figura del don Camillo di Guareschi, ieri ha parlato dei
«tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità». La loro vita,
come la vita di tutti i preti, è «eloquente » se è «diversa, alternativa
». Il prete «è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le
fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un
rogo anche della tentazione di interpretarsi come un “devoto” che si
rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco». E
ancora, le parole più immaginifiche: «È scalzo, il nostro prete,
rispetto a una terra che si ostina a credere e considerare santa. Non si
scandalizza per le fragilità che scuotono l’animo umano». Messi al
bando sia «il freddo rigorismo» che un «buonismo» fatto di
«superficialità e accondiscendenza a buon mercato», il prete «con l’olio
della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno, attento a
condividerne l’abbandono e la sofferenza».
Non è stato un monito
quello di Francesco. Né un anatema. Non ha sgridato nessuno. Piuttosto
si è messo «in ascolto» dei preti, avvicinandosi «quasi in punta di
piedi» ai tanti parroci, per capire da loro quale sia l’identikit del
sacerdote oggi. Bergoglio, come quando era arcivescovo di Buenos Aires,
impara dal clero e dal meglio di esso desume le linee utili per tutti:
il sacerdote, ha detto, non è un burocrate, non mira all’efficienza, non
si scandalizza per le fragilità. È uomo di pace, sempre disponibile con
le persone perché «in questo tempo povero di amicizia sociale il nostro
primo compito è quello di costruire comunità».
La giornata di
ieri del Papa è stata caratterizzata anche da un’intervista al
quotidiano cattolico La Croix. Francesco è tornato a parlare
dell’immigrazione causata dalle guerre e dal sottosviluppo, dei
trafficanti di armi e dell’integrazione: «La coesistenza tra cristiani e
musulmani è possibile — ha detto — In Centrafrica, prima della guerra,
cristiani e musulmani vivevano insieme e devono reimparare a farlo oggi.
Il Libano mostra che ciò è possibile». E ancora: «Non credo che ci sia
oggi una paura dell’islam, in quanto tale, ma di Daesh (Is, ndr) e della
sua guerra di conquista, tratta in parte dall’Islam ». E a una domanda
su eutanasia e unioni civili ha risposto che tocca al parlamento
discuterne. Poi, quando una legge è approvata, lo Stato deve rispettare
le coscienze, l’obiezione è un diritto umano anche per i funzionari
pubblici.