domenica 15 maggio 2016

Repubblica 15.5.16
Alle elezioni in due giorni urne aperte anche lunedì 6 Liste escluse, no a sanatorie
Domani decreto del governo. Ok bipartisan: così si limita l’astensionismo Sinistra Italiana chiede di inserire un via libera ad hoc per Fassina a Roma
di Goffredo De Marchis

ROMA. Le comunali si allungano. Nel consiglio dei ministri di domani sarà presentato un decreto legge per consentire di votare alle elezioni amministrative anche lunedì 6 giugno oltre che domenica 5. E lunedì 20 giugno, oltre al 19 giugno, per i ballottaggi. Significa che Matteo Renzi appoggia la proposta per che per prima è stata avanzata da Angelino Alfano e che rispondeva a una serie di richieste che sono giunte dalle opposizioni. È una scelta che dovrebbe aiutare l’affluenza alle urne, ovvero dimiuire la percentuale dell’astensionismo. Sel e Sinistra Italiana approfittano della motivazione per chiedere anche una sanatoria per Stefano Fassina escluso dalla competizione romana per un vizio di forma nella presentazione delle liste. «Se si vuole favorire la partecipazione, si ammettano le nostre liste nella Capitale», dice Alfredo D’Attorre. Ma rispetto a questa voce, Palazzo Chigi fa sapere che la moratoria non ci sarà.
È evidente che un’eccezione per Sinistra Italiana aprirebbe un problema in tutte le città dove per motivi tecnici qualcuno è rimasto fuori. «Io non chiedo niente — dice Fassina — . Anzi penso più all’interesse generale che alla mia convenienza e mi sembra veramente singolare che a tre settimane dal voto, con le liste già in campo, il governo intervenga cambiando le date delle urne». Uno “scambio” però non dispiacerebbe alla sinistra, scambio che al momento è escluso.
Renzi si limiterà ad allungare i tempi del voto. Lo farà contando sulla sponda di Forza Italia e Lega che avevano chiesto una decisione in questo senso con l’aggancio del ponte del 2 Giugno che terrebbe gli elettori lontani dai seggi domenica 5. La sanatoria è molto più complicata e poi, dicono i maligni, non converrebbe a Roberto Giachetti impegnato a recuperare i voti in uscita da sinistra. Quando si fanno modifiche elettorali in corso la prassi vuole che tutti i gruppi politici siano d’accordo. Si è sempre fatto così convocando i partiti al Viminale e cercando l’unanimità. Ma stavolta non c’è uno stravolgimento di norme, non cambia nemmeno la data, vengono solo concesse delle ore in più. E una larga fetta dell’opposizione condivide la decisione.
Al decreto lavorano gli uffici legislativi della Presidenza del Consiglio e del ministero dell’Interno. Quando il testo sarà pronto si capirà se potrà servire (o fungere da prova generale) per “raddoppiare” anche l’appuntamento del referendum costituzionale di ottobre. L’ipotesi comincia a circolare. I sostenitori del No l’attribuiscono al premier sottolineando che secondo i sondaggisti una maggiore affluenza sarebbe sinonimo di crescita del Sì. Naturalmente la partecipazione massima a una riforma che cambia ben 40 articoli della Costituzione avrebbe anche un significato politico. Ma a sfavore del raddoppio gioca il fatto che il quesito confermativo non prevede quorum per essere valido.
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Il cambio in extremis potrebbe essere un test per il voto “lungo” pure sul referendum di ottobre
A sinistra, Roberto Speranza (Pd) con il leader del Labour Jeremy Corbyn A destra Matteo Renzi e Angelino Alfano