Repubblica 14.5.16
Perché un certo Islam è radicale
risponde Corrado Augias
GENTILE
signor Augias: “Il laico occidentale di sinistra non ha capito il ruolo
della religione nel terrorismo islamico. Solo la religione porta a
convinzioni estreme. Peggio ancora: il mondo laico non ha proposte
valide per chi è deluso e rifiuta la nostra società”. Così si è espresso
Jean Birnbaum di Le Monde — intervistato da Fabio Gambaro — su
Repubblica del 15 aprile scorso. Anche nei seminari europei fino ad
alcuni anni fa c’era integralismo. “Pronti a dar la vita per le anime!”
era la frase più frequente per la coscienza dei seminaristi. Ora prevale
l’idea che l’uomo non gestisca verità assolute e debba valutare di
volta in volta. Possiamo avere coraggio? Convinzioni? Credo di sì. Il
terrorismo spaventa, ma è perdente. Odia gli altri e la vita. Sogna
paradisi (inventati da noi), ma in concreto crede solo nelle armi.
L’entusiasmo laico? Ognuno può trovarlo. Accompagno spesso gli scolari
nei parchi della Valtellina. In ogni gioco metto una condizione: non
strappare fiori, perché sono la “madre” di nuove vite. Nessun ragazzo ha
mai violato la consegna. Niente scene forti, cose da poco i fiori, ma
non è già qualcosa?
Beppe Pautasso — Morbegno
ANCORA
una volta la conferma che un mondo diverso è possibile. Meglio: sarebbe
possibile se le condizioni generali fossero diverse. Poiché le
condizioni sono quelle che sappiamo, il mondo diverso resta un’utopia
alla quale tendere. Anche il terrorismo islamico insegue un’utopia:
opposta. All’interno della quale la religione ha un posto che è
sbagliato sottovalutare. Jean Birnbaum è uno studioso oltre che un
giornalista. Il sottotitolo del suo libro “Un silence religieux” (Seuil
editore) è: “La sinistra di fronte al jihadismo”. Il punto di vista è
molto francese, ma per più di un aspetto riguarda anche noi. Più
francese che italiano, per esempio, è che — a sinistra — negare la
componente religiosa della guerra santa sia figlia del razionalismo
illuminista. Alla luce dei Lumi, la religione non viene più considerata
da secoli un possibile motore di decisioni politiche, incluso quelle
militari. Già l’Italia dimostra — escluse le opzioni militari beninteso —
che le azioni politiche mosse da ragioni religiose sono ancora
possibili. Se un terrorista uccide invocando il nome di Allah, argomenta
lo studioso, come possiamo dire che le sue azioni non abbiano nulla a
che fare con l’Islam? Chi siamo noi per negare il suo rapporto con la
fede? Il messianesimo religioso può avere una forza maggiore perfino di
quello puramente politico. Mi ha colpito un’idea di Birnbaum valida,
questa, anche da noi. In Europa: «Non inseguiamo più “la storia
sognata”, che invece in passato è stata importante. Proprio perché
abbiamo rimosso questa dimensione, oggi ci sembrano impossibili le
motivazioni religiose del jihad». Hanno ovviamente peso anche altri
fattori come disagio sociale ed esclusione, ma il tema centrale è che
quel certo Islam (non tutto l’Islam) si propone come un’alternativa
radicale al mondo contemporaneo. Essendo consapevoli di non poterlo
cambiare, alcuni preferiscono distruggerlo, comprese le sue tracce più
antiche. È una tesi, bisogna valutarla, sarebbe sbagliato non tenerne
conto.