Repubblica 12.5.16
La battaglia del lavoro che divide la Francia
Protesta anti-riforma mentre Juppé lancia un programma liberista
di Bernardo Valli
A
un anno dalle elezioni presidenziali i progetti dei candidati si
moltiplicano nella Francia scontenta. Che ha in programma manifestazioni
e scioperi contro la legge sul lavoro, ma più in generale contro
l’operato del governo socialista. Per far passare la legge El Khomri,
dal nome del ministro del Lavoro, senza ricorrere al voto dell’Assemblea
nazionale, il governo compie una manovra considerata una prova di
debolezza: pone la fiducia che l’esenta dal voto parlamentare, con il
solo rischio che una mozione di sfiducia firmata per reazione da più di
cinquanta deputati raccolga poi la maggioranza assoluta dell’Assemblea.
Ma i deputati della fronda socialista riluttanti a votare la legge non
sono neppure disposti a votare una sfiducia che costringerebbe il
governo a dimettersi.
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QUANDO è accaduto,
nel 1962, benché non ce ne fosse l’obbligo fu sciolto il Parlamento e
furono promosse nuove elezioni. È assai improbabile che quell’isolato,
unico episodio della Quinta Repubblica, possa ripetersi più di mezzo
secolo dopo. Ma non prevale la rassegnazione. Martedì sera dei
manifestati, alcuni del movimento di Place de la République, hanno
occupato il ponte della Concordia, davanti a Palazzo Borbone, sede
dell’Assemblea nazionale, dove ci si preparava a discutere la legge El
Khomri. E hanno così bloccato il centro di Parigi, raccogliendo non le
proteste ma i consensi di molti passanti e automobilisti, che
esprimevano opinioni sia di destra sia di sinistra. La legge è giudicata
troppo flessibile sui licenziamenti dai sindacati, e troppo vincolante
dalla confindustria. A volte, il governo socialista di Manuel Valls
suscita un’unanimità negativa.
In questo clima di scontento
generale, benché manchi ancora un anno, la gara presidenziale della
primavera 2017 tiene in agitazione la classe politica. Alain Juppé, il
candidato ampiamente favorito nelle indagini d’opinione con quasi
quaranta per cento dei consensi, si è dato da fare nelle ultime ore per
rendere pubblico il suo progetto. Ha tenuto un comizio nel Palazzo dei
congressi; ha dato un’intervista al quotidiano economico Les Echos; e da
ieri un suo volume campeggia nelle librerie parigine con un titolo
ambizioso: “Cinque anni per l’occupazione”. La piena occupazione, ben
inteso. Di solito riservato, di poche parole, e avaro di promesse, Juppé
non si è risparmiato nell’esternare idee e ambizioni. E l’impegno più
importante, suscettibile di attirare suffragi, è quello di combattere la
disoccupazione in un Paese in cui, secondo Juppé, 5,7 milioni di
cittadini non hanno un impiego a tempo pieno.
Benché altri
concorrenti del centro-destra si siano già pronunciati (Nicolas Sarkozy
in testa) la fretta del candidato “liberal — riformatore” nel mettere le
carte in tavola è rivelatrice. Secondo un luogo comune, la competizione
avrebbe inizio il giorno stesso in cui il neoeletto si installa nel
Palazzo dell’Eliseo; ma questa volta prevale l’impressione che il
presidente in servizio, François Hollande, e il suo partito, quello
socialista, siano fuori gioco per la loro impopolarità. Non abbiano
alcuna possibilità di competere con successo per un nuovo mandato.
Quindi la massima carica della Repubblica sembra a disposizione dei
candidati dell’opposizione che si mettono in fila per occuparla.
Quest’ultimi, perlomeno quelli del principale partito (“Les
républicains”), dovranno affrontare in novembre le primarie. E alla gara
partecipano tanti personaggi di rilievo ma il confronto sarà tra Alain
Juppé e Nicolas Sarkozy. Quest’ultimo ha l’handicap di essere un ex
presidente, e i francesi sarebbero refrattari al recupero di un capo di
Stato sconfitto (egli raccoglie circa la metà dei consensi di Juppé), ma
ha il vantaggio di essere alla testa del partito (da lui stesso
battezzato “Les républicains”) che organizzerà le primarie. Alain Juppé
può invece contare sul fatto che le primarie saranno aperte, e che lui,
assai più di Sarkozy, attira i francesi favorevoli a un voto centrista
ed anche i non pochi elettori socialisti delusi da François Hollande ma
non pronti a votare per la “sinistra della sinistra”, in cui si
ritrovano movimenti gauchisti e lo stesso partito comunista. Il fenomeno
di Emmanuel Macron, attuale ministro dell’economia, è indicativo. Il
giovane uomo politico è un personaggio popolare da quando fa di tutto
per non apparire un esponente della sinistra, pur appartenendo a un
governo socialista.
Alain Juppé ha settant’anni ed è un veterano
della politica francese. È stato un ministro degli esteri stimato e un
primo ministro impopolare, durante la presidenza di Jacques Chirac. Un
tribunale lo sospese dai pubblici uffici quando usò per il partito del
personale pagato dal Municipio di Parigi dove lavorava. In seguito alla
sentenza si è esiliato in Canada dove ha insegnato in un’università. È
ritornato ad essere il rispettato sindaco di Bordeaux e grazie alla sua
riservatezza è diventato popolare sul piano nazionale. Dai sondaggi
risulta che la maggioranza dei giovani lo rispetta e lo giudica capace
di guidare il Paese dal palazzo dell’Eliseo. Il suo è il programma di un
liberista. Riduzione della spesa attraverso lo sfoltimento del
personale della amministrazione pubblica ( 250 — 300 mila funzionari in
meno) e il simultaneo aumento delle ore di lavoro. Abolizione della
legge sulle 35 ore, e giornata lavorativa di 39 ore, salvo accordi
aziendali. Aumento progressivo a 65 anni (oggi è a 62) dell’età legale
per le pensioni. Diminuzione degli oneri sociali per le imprese. Ma
aumento dell’Iva. Abolizione della patrimoniale. Ma niente ribasso delle
imposte sul reddito. Rilancio attraverso l’offerta e non del potere
d’acquisto.
Alain Juppé è un europeista. È per l’euro e per
l’Unione Europea. Ed è pronto a battersi per difenderli. Grazie
all’Europa la Francia può contare nel mondo. L’ Europa deve però
riformarsi, armonizzare i sistemi fiscali, rendere coerenti i sistemi
sociali, ed essere politica e diplomatica.
Se le indagini
d’opinione indicano già, scavalcando le primarie, i candidati alle
elezioni presidenziali nella primavera del 2017, Alain Juppé figura in
testa seguito da Marine Le Pen, presidente del Front National. Restano
tante incognite. Quella ad esempio di François Hollande al quale spetta
di decidere se partecipare o meno alla gara, come hanno fatto i suoi
predecessori con alterna fortuna. Se i sondaggi attuali (16-18% dei
consensi) lo accompagneranno fino all’anno prossimo, egli si dovrebbe
trovare in terza o quarta posizione. Escluso dal ballottaggio. A meno
che il suo partito non scelga un altro candidato. Nel voto decisivo si
dovrebbero affrontare Alain Juppé, il campione di centro — destra,
confortato anche dagli elettori lontani dalle sue idee ma decisi a
sbarrare la strada all’estrema destra, e Marine Le Pen, campione
populista.