il manifesto 12.5.16
Loi travail, il suicidio della sinistra al governo
Riforma
del lavoro. La sinistra critica non ha i numeri per presentare una
"censura" contro il governo. Il Front de Gauche voterà quella della
destra, che critica la Loi Travail perché troppo poco liberista. La
legge passerà oggi senza votazione grazie all'articolo 49.3. A un anno
dalle presidenziali, la sinistra è a pezzi. Le manifestazioni continuano
(oggi, il 17 e il 19 maggio)
di Anna Maria Merlo
PARIGI
La sinistra dissidente non è riuscita a mettere assieme le 58 firme di
deputati necessarie per presentare la propria «mozione di censura»
contro il governo Valls (è arrivata a quota 56).
Oggi pomeriggio,
all’Assemblea nazionale sarà così sottoposta al voto solo la «censura»
presentata dalla destra, contro il ricorso all’articolo 49.3, modalità
scelta dal governo per far passare senza votazione la legge di riforma
del lavoro. Che continuerà ad essere contestata in piazza: oggi ci
saranno manifestazioni in Francia e i sindacati ne stanno organizzando
altre per il 17 e 19 maggio.
La «censura» – una sorta di sfiducia –
non dovrebbe ottenere la maggioranza richiesta per far cadere il
governo, che è di 288 voti su 574 deputati (3 seggi sono vacanti). Però
potrebbe raccogliere i consensi non solo dei deputati di destra e di
centro-destra, ma anche quelli del Front de Gauche, arrivando a 236
voti, a cui potrebbe aggiungersi qualche socialista o ex socialista
della «fronda» e qualche verde.
L’eurodeputato Jean-Luc Mélenchon
ha invitato la sinistra critica ad unirsi alla destra nel voto della
«censura», un calcolo elettoralista in vista delle presidenziali del
2017, dove intende battere il candidato socialista al primo turno e
incarnare la forza politica più potente in quello che resterà della
sinistra.
Il capogruppo Ps, Bruno Le Roux, ha minacciato: i
deputati socialisti che voteranno la censura «saranno esclusi»
(prospettiva che dovrebbe raffreddare molte velleità, visto che si
stanno già preparando le liste per le legislative del 2017).
La
riforma del lavoro, mal gestita, senza una vera concertazione, sancisce
così il suicidio della sinistra al governo. La legge sarà adottata senza
voto, con alcune modifiche rispetto al testo originale: un testo
ibrido, che flessibilizza il lavoro e facilita i licenziamenti ma al
tempo stesso propone alcuni diritti per lenire la svolta liberista.
Il
voto del Front de Gauche con la destra, la quale rimprovera alla legge
El Khomri di non essere abbastanza liberista, lascerà forti tracce.
In
questi giorni si stanno moltiplicando le prese di posizione dei
candidati alle primarie della destra, nel prossimo novembre. È una gara a
chi promette più lacrime e sangue.
Alain Juppé, per esempio,
vuole abolire le 35 ore, far lavorare 39 ore pagate 35, portare la
pensione a 65 anni e tagliare pesantemente tra i dipendenti pubblici.
Gli altri candidati, già dichiarati (come François Fillon o Bruno Le
Maire) o in pectore (Nicolas Sarkozy) si spostano sempre più a destra.
In
questo contesto, ha senso, per la sinistra critica, votare la «censura»
della destra, che ha l’intenzione dichiarata di passare la ruspa sul
diritto del lavoro? Molti della «fronda» del Ps si rifiutano di fare
questo passo. «Posso essere molto scontento di questo progetto di legge –
ha commentato il deputato François Lamy (vicino a Martine Aubry) – ma
so ancora conservare la coerenza e non votare con la destra». Anche la
deputata Ps Karine Berger, economista, è su questa linea: «Il 49.3 è un
errore politico, ma non voterò la censura».
La ministra del
Lavoro, Myriam El Khomri, si è scagliata contro l’eventualità di voti di
sinistra con la destra: «È inconcepibile, dov’è la coerenza democratica
da parte di deputati che ci fanno la lezione sulla democrazia? Votare
con la destra è essere di destra». El Khomri difende la legge che porta
il suo nome, «giusta e democratica», che «dà più mezzi ai sindacati»,
introduce «una maggiore democrazia sociale» e «nuovi diritti». Il
ricorso al 49.3 è giustificato accusando la «fronda», una «minoranza»
che avrebbe bloccato la discussione.
Per Laurent Berger,
segretario della Cfdt, sindacato che non contesta la legge e che ha
contribuito a modificarne il testo, il ricorso al 49.3 «non è un buon
metodo» ma nel «contenuto» la Cfdt ha «contribuito a togliere le misure
liberiste» della prima versione.