Repubblica 10.5.16
I graffiti sui muri del Cairo “Giulio era nostro fratello nessuno deve dimenticarlo”
Alcuni artisti egiziani hanno disegnato il volto del ricercatore. Che sarà riprodotto nel mondo
di Francesca Caferri
«GIULIO
era uno di noi ed è stato ucciso come veniamo uccisi noi». Il tratto
elegante della grafia araba non ammorbidisce parole pesanti come pietre.
El Teneen, uno dei più importanti writers egiziani le ha vergate in
rosso, perché in nessun modo possano passare inosservate. «Era uno degli
hashtag più popolari in Egitto quando si è saputo della sua morte: mi è
sembrato giusto disegnarlo così, senza aggiungere troppo. Perché questo
è quello che la gente pensa».
El Teneen è uno degli artisti
egiziani che hanno scelto di ricordare Giulio Regeni con un graffito. E
non il solo. Gli schizzi riprodotti qui sopra sono di due nomi
importanti della street art egiziana, Naguib e iAhmed, e “prenderanno
vita” nei prossimi giorni per le vie del Cairo e di Berlino quando i
loro autori li trasformeranno in stencil, letteralmente stampini, una
sorta di mascherine che consentono la rapida riproduzione di un disegno
con colori o bombolette spray. «Questi disegni sono importanti perché in
Egitto i graffiti sono il linguaggio delle persone comuni. Dalla
rivoluzione in avanti, la gente ha parlato e raccontato quello che
accadeva sui muri: giornali e tv sono censurati e quelli che sanno
leggere comunque sono pochi — spiega Don Karl, co-autore ed editore di
Walls of freedom, il più importante libro sui graffiti egiziani
contemporanei — Le immagini di Regeni sono molto simili a quelle
realizzate per ricordare i martiri della rivoluzione. Il messaggio è
chiarissimo: per questi ragazzi, Giulio era uno di loro, una persona
andata in Egitto per fare qualcosa di buono e uccisa per questo. Come
tanti dei loro amici. Con un elemento in più: le morti e le sparizioni
di questi anni sono state per la maggior parte ignorate dai giornali
occidentali. Oggi sono in tanti in Egitto ad essere grati alla famiglia
Regeni per aver fatto della morte di Giulio un caso esemplare di quello
che sta accadendo».
Le parole di El Teneen confermano questa
chiave di lettura: «Voglio dare un contributo affinché si continui a
parlare di questa morte barbara, perché non venga dimenticata. La mia
speranza è che quando il caso di Giulio sarà risolto e i suoi assassini
saranno portati davanti alla Giustizia, non sarà solo un conforto per la
sua famiglia. Se mai accadrà, questo ci darà la speranza che un giorno
potremo vedere la fine degli orrori a cui i giovani egiziani sono
sottoposti quotidianamente ».
Per ricordare Regeni, iAhmed ha
scelto le parole d’amore di Nizar Qabbani, siriano, uno dei più grandi
poeti arabi contemporanei, morto nel 1998: «Lo avevo già fatto quando
sono stati uccisi alcuni miei amici — spiega al telefono dal Cairo — mi è
sembrato giusto usare la stessa formula, lo stesso disegno: ho espresso
quello che pensano tanti di noi qui al Cairo e che forse voi non sapete
perché non parliamo nelle televisioni o nelle radio. Giulio era uno di
noi, è morto come uno di noi».
Una frase che nei giorni successivi
al ritrovamento del cadavere è diventata uno slogan negli ambienti del
Cairo che ancora si ispirano agli ideali del 2011: senza sapere del
lavoro del collega Naguib l’ha riprodotta nello schizzo che a breve
trasformerà in stencil.
«Il nostro fratello italiano Giulio. Ha
vissuto insieme a noi ed è morto come un egiziano», si legge accanto al
suo ritratto di Regeni. «Quello che è accaduto a lui succede tutti i
giorni agli egiziani da quando al potere c’è Al Sisi — racconta — Giulio
è stato l’allarme rosso che ha svegliato il mondo che fino alla sua
morte era rimasto in silenzio. Per questo noi vogliamo ricordarlo: siamo
furiosi per quello che gli è accaduto, vogliamo che si sappia che la
gente dell’Egitto non si riconosce in questi assassini».