La Stampa TuttoScienze 4.5.16
I miracoli del grafene
Versatile come la vita duro come il diamante Impieghi in elettronica e medicina
di Silvia Bandelloni
L’apparenza
inganna! Durante le Olimpiadi di Roma nel 1960 nessuno avrebbe
scommesso su Abebe Bikila, maratoneta apparentemente fragile. Eppure la
sua forza nascosta lo portò a vincere la medaglia d’oro. Così, fatte le
debite differenze, accade con il grafene: una rete impalpabile di atomi
di carbonio, il cui spessore è equivalente alle dimensioni di un atomo,
con proprietà e prestazioni da record.
Si tratta di un nuovo
materiale veramente bidimensionale: flessibile come una ragnatela, ma
resistente come il diamante. E, pure lui, ha meritato una medaglia
d’oro: il Premio Nobel della Fisica nel 2010. E intanto gli studi sul
tema si moltiplicano. Al congresso della Biophysical Society, a Los
Angeles, Valentina Palmieri, dell’Università Cattolica di Roma, ha
presentato uno studio sull’ossido di grafene: è una ricerca
interdisciplinare, condotta presso la Facoltà di Medicina
dell’Università in collaborazione con l’Istituto dei Sistemi Complessi
del Cnr.
Si è osservato che le scaglie ossidate del grafene
possono assumere la funzione di un battericida, molto potente e più
ecologico degli antibiotici. I ricercatori le hanno utilizzate in quanto
agiscono sulle cellule batteriche, senza uccidere quelle umane.
Ancora
una volta, quando si parla di proprietà sorprendenti dei materiali,
ecco che salta fuori il grafene. La sua singolarità nasce da un fatto
apparentemente banale: è composto soltanto da atomi di carbonio. Sembra
incredibile come questi semplici atomi diano origine a grandi opere. La
loro piccola dimensione fa sì che possano legarsi saldamente gli uni con
gli altri, creando legami chimici singoli, doppi e anche tripli.
Sono
quindi capaci di erigere strutture tridimensionali come il diamante,
bidimensionali come la grafite e il grafene oppure unidimensionali come
le catene polimeriche. Ma le virtù del grafene non sono soltanto di tipo
meccanico o chimico: la sua elevata conducibilità elettrica - che viene
meno quando lo ossidiamo - apre nuove opportunità anche
nell’elettronica digitale.
Nei comuni dispositivi elettronici - si
sa - vengono usati semiconduttori come il silicio, che possiedono un
intervallo di energia inaccessibile agli elettroni: perciò, solo quando
gli elettroni hanno energia sufficiente per superare questa «banda
proibita», e finiscono su energie più alte, il materiale diventa
conduttore. In altre parole possiamo modulare il numero degli elettroni
che sprigioniamo - dando loro energia - e portarli al «piano superiore»,
dove saranno liberi di muoversi e quindi di condurre elettricità.
Il
grafene, invece, pur essendo cugino del diamante, un grande isolante,
non ha intervalli proibiti di energia e, quindi, conduce energia in modo
incessante. Come un metallo e, anzi, molto più di un metallo. Non è
necessario, cioè, sprigionare gli elettroni, in quanto sono già liberi
di muoversi: il che è un bene per tutte le connessioni elettriche dei
dispositivi elettronici.
C’è tuttavia un problema. Se volessimo,
invece, creare un dispositivo a interruttore, servendoci di foglietti di
grafene, riscontreremmo dei problemi: se anche spegnessimo
l’interruttore, infatti, gli elettroni continuerebbero a far fluire
corrente. Per ovviare a questo inconveniente possiamo ricorrere ai
nanotubi di carbonio, vale a dire fogli di grafene arrotolati. La loro
conducibilità elettrica cambia a seconda della direzione in cui sono
arrotolati: alcuni si comportano da veri conduttori, altri da
semiconduttori. È evidente, perciò, che il grafene possiede
un’incredibile versatilità chimica: la stessa che riscontriamo nei
composti organici che, basati sul carbonio, sono il fondamento della
vita biologica.
Sono ancora molti i segreti da svelare di questo
materiale: così si potranno individuare nuove applicazioni in svariati
campi. Sforzi che non si saranno dimostrati vani, perché il grafene è
speciale: al di là del suo splendido isolamento e della sua multiformità
morfologica, infatti, custodisce lo stesso segreto che rende i
materiali biologici così speciali rispetto a quelli inanimati.