lunedì 9 maggio 2016

La Stampa 9.5.16
Violante: “Il partito è a un bivio, rischia di diventare strumento di potere”
L’ex presidente della Camera: “O premier o segretario, Matteo deve scegliere”
intervista di Jacopo Iacoboni

«I partiti che per tradizione sono sempre stati comunità, stanno perdendo questo carattere e diventando inevitabilmente una struttura di potere». L’allarme di Luciano Violante era molto forte, in questi giorni, e evidentemente è arrivato anche alle orecchie di Matteo Renzi. Secondo quanto risulta alla Stampa, delle idee dell’ex magistrato si è discusso molto, pochi giorni fa, a Palazzo Chigi. E forse Renzi ha deciso anche grazie al suo pungolo l’uscita in tv da Fazio, che suona come una svolta sulla questione morale.
Finora, Violante, la posizione di Renzi era che la questione morale esiste in politica perché esiste nella società. Ieri sera invece il premier-segretario del Pd ha preso di petto la questione in maniera molto più forte, dicendo che la questione morale esiste eccome, «chi la nega, nega la realtà: abbiamo 50 mila amministratori e in troppi casi le cose non girano». È una svolta?
«Io penso che Renzi abbia capito che le cose nel partito non andavano, come in tutti gli altri partiti, ma per noi il problema si pone in maniera più grave, vista la quantità di potere che esercitiamo. Naturalmente il problema della trasformazione dei partiti in strutture di potere riguarda tutti, non solo il Pd, ma il Pd intanto comincia ad affrontarla».
C’è in questo una specie di eco, un po’ a sorpresa, della lezione di Enrico Berlinguer?
«Berlinguer in realtà denunciava l’occupazione dello Stato da parte dei partiti. Il progressivo indebolimento di una funzione sana dei partiti nella dinamica istituzionale. All’espressione “questione morale” Berlinguer dava un carattere non politico, gli interessava denunciare un calo di etica pubblica. Perciò direi che il riferimento a lui probabilmente non è da fare in maniera meccanica. Di certo va notato che quando in un Paese c’è corruzione, ci sono sempre due attori, il pubblico e il privato; la corruzione è un rapporto a due, non è coinvolta solo la politica è coinvolta anche la società, ma la politica ha più responsabilità, nel dettare una guida, nel porre un argine. Mi sembra che la posizione espressa da Renzi vada in questa direzione».
Lei ha mai parlato direttamente, con lui, di una questione morale nel partito?
«No, mai».
Come giudicava fino a ieri sera il suo posizionamento sullo stato del partito, e il problema delle troppe indagini sui suoi amministratori?
«Innanzitutto ricordiamo che indagine non vuol dire colpevolezza. Pensiamo al caso di Penati. Mi sono persuaso, poi, che a monte ci sia un problema: chi ha la doppia responsabilità, di guidare il governo e guidare il primo partito, non può che finire per trascurare il partito, non ce la fa a star dietro al partito in un momento così difficile, anche sul piano internazionale. Preso com’è il premier dagli impegni di guida del governo, il Pd rischia di diventare un semplice strumento di potere, e si creano le condizioni, in troppe situazioni, per una prevalenza di interessi personali su quelli pubblici. Renzi ovviamente non ha creato questa situazione, ma non ha il tempo materiale per affrontarla. Ora nel Pd si pone un problema di direzione politica. Bisogna trovare una soluzione: o facciamo della segreteria un vero organo di autorevole direzione politica, o vanno scisse le due responsabilità, di premier e segretario».
Che pensa dell’atteggiamento di Renzi verso i giudici, e dei giudici - o di tanti giudici - verso Renzi?
«A differenza del passato, nel cosiddetto scontro politica-magistratura, tanto le dichiarazioni del dottor Davigo quanto quelle del dottor Morosini non hanno dato una risposta, ma hanno tentato di aprire uno scontro. Dopodiché, la presa di distanza dell’Anm è stata un fatto molto positivo. Io penso che bisogna difendere la magistratura non solo dai suoi nemici, ma anche dai suoi apparenti amici».
Anche Renzi però è arrivato all’uscita autocritica di ieri dopo alcuni sbandamenti.
«Ne ebbe uno, sui magistrati della Basilicata; ma lo scontro, dopo la prima dichiarazione, è stato aperto da magistrati».
Esiste un problema anche della magistratura, non solo della politica?
«Io penso che la magistratura, oltre che dai rischi di dipendenza dal potere politico, debba guardarsi anche dai rischi di dipendenza dal potere finanziario»