lunedì 9 maggio 2016

La Stampa 9.5.16
Dopo le inchieste Renzi ammette
«Nel Pd abbiamo una questione morale»
«La questione morale nel Pd esiste e chi lo nega, nega la realtà»
Così il premier Renzi, che aggiunge: «Ma i giudici non mi fanno paura»
Niente attacchi ai pm per ricongiungersi con l’elettorato progressista
Ma la mossa ha anche l’obiettivo di fermare l’offensiva dei Cinque Stelle
di Fabio Martini

Uno piccolo scarto ma significativo nell’atteggiamento finora tenuto verso la magistratura, uno scarto col quale Matteo Renzi prova a ricongiungersi col tradizionale elettorato progressista del Pd e anche con quello più sensibile all’anti-politica. Dopo le scintille delle settimane scorse con la magistratura, il presidente del Consiglio ha cambiato postura e, parlando a «Che tempo che fa» su RaiTre ha espresso una posizione senza se e senza ma: «La questione morale nel Pd esiste e chi lo nega, nega la realtà». Una dichiarazione di sincerità alla quale ha fatto seguito una posizione «politicamente corretta»: «A me i giudici non fanno paura. I cittadini onesti non hanno paura».
E ancora: «Non mi troverete mai a fare polemica contro i magistrati. Vadano ai processi, facciano le sentenze. Io li rispetto. Io faccio le leggi, loro le devono applicare. Tutto il resto è parapiglia di basso livello». E ha persino sposato una linea liberale rispetto alla crescente pulsione esternatoria che negli ultimi giorni sta prendendo magistrati in posizioni delicate. In tanti «mi vogliono trascinare nella questione dei rapporti tesi tra giudici e politici ma io non metto il naso nelle vostre discussioni interne, perché dico: cari giudici voi fate il vostro lavoro, io faccio il mio».
Chi aspettava da Renzi un rilancio delle polemiche con i magistrati e un duello con i Cinque Stelle - in queste ore in difficoltà per la vicenda di Livorno - è stato spiazzato una volta ancora. Incerto se replicare con stile ai Cinque Stelle o rispondere con la legge del taglione a chi nel passato aveva cavalcato tante “disgrazie” del Pd, Renzi alla fine ha scelto la linea soft. Rinfocolare la polemica con i magistrati - è stato il suo ragionamento - non conviene al Pd, non conviene al governo e in questi giorni potrebbe anche rappresentare un assist per i Cinque Stelle, oramai unica pietra di paragone del premier, unico autentico concorrente sulla piazza elettorale.
Ecco perché, nel talk show più nazionalpopolare di RaiTre, Renzi ha scelto una linea di rispetto della magistratura. Certo, non sono mancate le frecciate al movimento di Beppe Grillo, come quella su alcuni provvedimenti anti-corruzione voluti dal governo: «I 5 Stelle non hanno votato i provvedimenti anti-corruzione che il governo ha proposto. Il governo ha cambiato la legge sulla corruzione e ha reso più duro il 416 bis» e ha stuzzicato, ma non più di tanto, i grillini sull’atteggiamento altalenante rispetto alle vicende giudiziarie.
E poi l’annuncio del nuovo ministro per lo Sviluppo economico dopo le dimissioni di Federica Guida. Spiazzando tutti e non essendo convinto delle tante soluzioni accarezzate nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio ha annunciato che il nuovo ministro sarà Carlo Calenda, da poche settimane Rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea. Una nomina politica che a suo tempo aveva scombussolato la diplomazia italiana, ma a costo di smentirsi, Renzi ha capito che il piglio operativo di Calenda gli sarebbe servito in un dicastero strategico ancor più che a Bruxelles.