La Stampa 8.5.16
Iraq, per l’Onu adesso è genocidio
Trovate
50 fosse comuni. L’Isis ha sterminato per mesi uomini, donne e bambini
L’inviato Jan Kubiš al Consiglio di Sicurezza: “Atroci crimini contro
l’umanità”
di Paolo Mastrolilli
Sono almeno
cinquanta le fosse comuni ritrovate in Iraq, nei territori riconquistati
dalle forze locali dopo l’occupazione da parte dell’Isis. La denuncia è
stata fatta da Jan Kubiš, inviato dell’Onu nel Paese, durante una
testimonianza davanti al Consiglio di Sicurezza. «Mano a mano che il
territorio viene ripreso alle gang criminali e terroristiche dell’Isis,
le prove degli orribili crimini commessi dallo Stato Islamico continuano
ad essere scoperte» ha detto Kubiš.
Le ultime tre fosse comuni,
secondo l’inviato, sono state individuate ad aprile nel campo di calcio
della città di Ramadi, poco dopo la liberazione dal controllo dell’Isis.
I resti di circa quaranta persone sono stati ritrovati nella terra.
La
città era stata conquistata dai terroristi nel maggio del 2015, e solo a
dicembre l’esercito iracheno era riuscito a riprenderne un parte.
Sacche di resistenza però sono rimaste attive fino al febbraio scorso,
quando l’intera Ramadi è stata ripresa, e le fosse comuni sono state
scoperte.
Questo però è solo uno dei molti casi registrati dagli
inviati del Palazzo di Vetro. Secondo Kubiš, infatti, resti umani sono
stati ritrovati anche nelle fosse comuni scoperte vicino a Sinjar,
nell’Iraq settentrionale; a Tikrit, villaggio natale di Saddam Hussein; e
dalle parti di Anbar, nella regione occidentale del Paese. In sostanza,
le stragi sono avvenute in tutte le zone occupate dall’Isis. Anche in
Siria infatti, ad esempio nell’area archeologica di Palmyra, sono state
scoperte delle fosse comuni.
Secondo gli inviati dell’Onu, le
vittime sono state in prevalenza membri delle tribù locali, soldati
iracheni, ma anche donne e appartenenti alla minoranza yazida. «Io - ha
detto Kubiš al Consiglio - condanno nei termini più duri possibili i
continui omicidi, rapimenti, stupri e torture degli iracheni condotti
dall’Isis, che potrebbe costituire crimini contro l’umanità, crimini di
guerra, e anche genocidio».
L’inviato del Palazzo di Vetro ha
detto che «nonostante i notevoli e costanti progressi fatti, lo Stato
islamico rimane un nemico formidabile e determinato, che cambia in
continuazione le sue tattiche e il modo di lanciare gli attacchi».
Quindi Kubiš ha spiegato che per batterlo non basteranno i mezzi
militari, ma bisognerà anche agire per affrontare «alla radice le cause
dell’estremismo violento».
La situazione umanitaria nel frattempo
rimane un’emergenza che ha bisogno di essere affrontata in fretta: «La
crisi resta una delle peggiori al mondo. Circa dieci milioni di persone,
ossia un terzo dell’intera popolazione nazionale, ha bisogno di aiuto».
Nell’arco del 2016, solo un quarto degli 861 milioni di dollari in
assistenza richiesti è stato consegnato.