La Stampa 7.5.16
Gli insegnanti sfidano Renzi
Sciopero prima delle elezioni
Il 20 maggio la protesta della scuola su contratti, bonus e assunzioni
di Lorenzo Vendemiale
A
poche settimane dall’appuntamento con le urne, per Renzi un’altra
grana. Lo scontro nella scuola - che ha portato in piazza contro il Pd
una categoria tradizionalmente vicina al centrosinistra - si riaccende e
rischia di fare molto male al premier.
A un anno di distanza
dallo sciopero del 2015 sulla riforma, il 20 maggio insegnanti, presidi e
collaboratori tornano in piazza per protestare contro le politiche del
ministro Stefania Giannini. I temi sul tavolo sono ancora gli stessi:
l’annosa questione del blocco contrattuale, che si riconnette ai vari
punti cardine della riforma, dai bonus stipendi alla valutazione,
passando per mobilità e assunzioni. Con una grossa differenza, però:
tutte le proposte della “Buona scuola” sono diventate legge, compreso il
piano straordinario di assunzioni e il nuovo concorso che porteranno
complessivamente alla stabilizzazione di 180mila precari. Circostanza
che permette alla Giannini di definire «singolare» una mobilitazione
annunciata in pieno concorsone. Anche se sono proprio i docenti precari i
più arrabbiati col governo.
Contratti fermi
Si tratta del
primo sciopero unitario dei sindacati della scuola, dopo quello del 6
maggio 2015. Allora si era nel mezzo del dibattito sulla riforma. Adesso
Flc Cgil, Cisl, Uil e Snals si ritrovano per una manifestazione che
coinvolgerà tutto il personale scolastico, con al centro il tema del
contratto, fermo per tutti gli statali al 2010. «Il mancato rinnovo ha
comportato una perdita concreta del potere d’acquisto», spiega Domenico
Pantaleo, segretario della Flc Cgil. «Ed è emblematico del dialogo nullo
con il governo: questo esecutivo tende a cancellare la contrattazione e
a regolare tutto per legge. Un salto indietro di vent’anni, che si è
visto anche sugli ultimi provvedimenti presi sulla scuola». Il discorso,
infatti, torna subito sulla riforma, che non è ancora stata digerita.
Malcontento e precari
Dal
punto di vista sindacale, il nodo maggiore riguarda i nuovi bonus di
merito per gli insegnanti, che il Ministero non ha voluto far passare
dalla contrattazione: 200 milioni di euro l’anno, circa 20mila euro ad
istituto che andranno ai docenti più bravi, secondo il giudizio di un
apposito comitato di valutazione. Ci sono i contestati poteri del
«super-preside», la chiamata diretta per i nuovi assunti, che saranno
scelti dai dirigenti all’interno degli ambiti territoriali. Ma a livello
di base il malcontento riguarda soprattutto le assunzioni. «La Giannini
vende fumo, perché resteranno a terra 300mila laureati e decine di
migliaia di docenti già abilitati all’insegnamento». Senza dimenticare
il personale Ata, oltre 200mila collaboratori, completamente esclusi
dalla riforma. La mobilitazione, inizialmente prevista per il 23, è
stata anticipata al 20 per la commemorazione della strage di Capaci. I
sindacati si augurano un’adesione alta, anche se la data cade in mezzo
al calendario del concorsone. «Noi crediamo che la Legge 107 possa
essere ancora cambiata, da quando è entrata in vigore ha dimostrato di
fare acqua da tutte le parti», conclude Pantaleo della Cgil.