sabato 7 maggio 2016

La Stampa 7.5.16
Elezioni, nel Pd scoppia il caso Platì
Rischio ’ndrangheta, la candidata voluta da Renzi si ritira
di Ilario Lombardo

Matteo Renzi l’aveva incoronata reginetta dell’Antimafia, lanciandola un giorno di maggio dell’anno scorso come ennesimo simbolo della lotta alla criminalità organizzata, costruito nel laboratorio mediatico dalla fretta con cui la politica consuma le cose. Poi, qualcosa è cambiato e il Pd ha chiesto ad Anna Rita Leonardi di ritirarsi dalla corsa a sindaco di Platì.
Doveva essere lo Stato che tornava padrone di un pezzo del suo territorio, la democrazia che risorgeva con i vessilli del Pd a Platì, dove nessuno aveva voluto candidarsi nel 2015 e dove l’ultima volta si è votato nel 2009. Nel deserto che nella terra sedotta e abbandonata dalla ’ndrangheta è rifiuto della politica, si è fatta avanti lei, Anna Rita, da Reggio Calabria, 30 anni e tanta divorante ambizione. «Sarò con te, al tuo fianco nella campagna elettorale» le promise Renzi, cogliendo al volo il potenziale spendibile di quella storia di disperazione e resurrezione a Platì.
Un anno dopo, e a un mese dalle elezioni, la storia si chiude senza un lieto fine e con molte domande ancora a cui rispondere. L’annuncio lo dà la stessa Leonardi su Facebook dove dice di essere «profondamente rammaricata», e dove parla di una riunione a Roma, avvenuta martedì: «Giorni fa, a seguito di alcuni elementi emersi, sono stata convocata ad una riunione a Roma ed insieme ai vertici del partito abbiamo dovuto constatare che non c’erano più le condizioni politiche e di agibilità per svolgere serenamente la campagna elettorale».
Ma perché, improvvisamente, le condizioni vengono meno? Una fonte ci risponde così: «E’ stata intercettata a parlare delle elezioni con personaggi vicini alla ’ndrangheta, a chiedere voti a chi non doveva». Qualcuno nel Pd viene a saperlo. Avvertono la segreteria nazionale e il vicesegretario Lorenzo Guerini. È un allarme rosso. Nessuno sa se lei consapevolmente o meno sapesse chi aveva davanti. Si sa solo che aveva grosse difficoltà a trovare nove persone per fare la lista. Ma di questi tempi per il Pd non è aria. Con indagini per concorso esterno, arresti, la questione morale che monta, mentre sotto le inchieste in Sicilia crollano altri paladini dell’Antimafia, come il giornalista Pino Maniaci, a cui pure Renzi aveva dato solidarietà. Meglio non rischiare. La segreteria nazionale del Pd investe della «questione Leonardi» Gennaro Migliore, il sottosegretario alla Giustizia considerato suo sponsor, ed Ernesto Magorno, il segretario dem della Calabria, il politico che più l’ha aiutata negli ultimi mesi. Sono loro a chiederle un passo indietro (ma Migliore nega questa ricostruzione). All’inizio lei resiste, «ci ho messo la faccia» risponde, «sto lavorando da un anno». Passano tre giorni. Tre giorni in cui tace anche su Facebook. Infine, annuncia il ritiro. Ormai il partito l’ha mollata, convinto dalle indiscrezioni che nel Reggino circolano da un po’. Da quando, a dicembre, un servizio del Tg3 locale immortalò alcuni ragazzi di Platì di famiglie coinvolte in arresti di ’ndrangheta, che come bodyguard improvvisate affrontarono a muso duro i cronisti per decidere chi doveva fare le domande e chi no.
Ma ai vertici del Pd non piacciono anche altre scelte di Leonardi. La sua sovraesposizione mediatica e quella strana mania sui social con cui la giovane pasionaria anti-cosche correda i suoi selfie in posa: #topmodel #beauty #cool. Raccontano pure della sua insistenza per essere al centro dell’obiettivo dei fotografi, come una settimana fa quando brigò per essere accanto a Renzi a Reggio, il giorno della firma sul Patto per il Sud.
L’utopia di Platì per il Pd è rinviata. Nel piccolo Comune rimane un’unica aspirante alla carica di primo cittadino, Ilaria Mittiga, figlia di un ex sindaco e candidata dal sapore troppo dinastico per raccontare una favola di buona politica. Per il resto, c’è solo l’amaro e la polvere di un’ennesima stella dell’Antimafia che si brucia da sola.