La Stampa 5.5.16
Il premier prova a voltare pagina
di Marcello Sorgi
Scongiurato
ufficialmente e prudentemente da Renzi (che nell’intimo però ancora
ribolle a causa dell’accaduto e ha riempito la giornata di annunci
importanti, come quello sulle pensioni anticipate e su Equitalia), lo
scontro tra Pd e magistrati s’è riacceso platealmente ieri al Consiglio
superiore della magistratura, quando il consigliere laico Fanfani ha
chiesto di aprire una procedura contro i magistrati di Lodi che avevano
deciso l’arresto del sindaco Simone Uggetti per turbativa d’asta, un
reato per il quale difficilmente si ricorre al carcere, specie in fase
istruttoria. Fanfani è stato letteralmente sommerso dalle proteste dei
consiglieri togati, che rivendicavano l’autonomia dei giudici, e
successivamente fatto oggetto di un pesante documento dell’Anm. Ma a
convincerlo a fare marcia indietro è stata un’intervista a Rtl in cui lo
stesso premier ribadiva la linea della non ingerenza, augurandosi solo
un rapido giudizio sul sindaco inquisito.
Fanfani si era mosso in
realtà per il rumore di fondo levatosi dall’interno del Pd sulle
considerazioni fatte dal Gip di Lodi sul sindaco, per motivarne
l’arresto. Affermazioni in parte gratuite, tendenti a dimostrare, non
tanto le pretese responsabilità del primo cittadino, ma la sua
potenziale intenzione di condizionare l’inchiesta che lo riguardava e di
cancellare le prove. Più che alle intercettazioni e agli esiti
dell’inchiesta, il giudice collegava queste sue deduzioni al ruolo
pubblico e al potere politico del primo cittadino, con il che - a
giudizio di Fanfani, e non solo suo all’interno del vertice del Pd -,
esorbitando platealmente dal merito dei fatti contestati e dalle
funzioni tipiche del magistrato, dato che si trattava quasi di una
censura politica inflitta con un mandato di cattura.
Malgrado ciò
Renzi ha preferito evitare le polemiche e ha cercato di voltare pagina,
spostando l’azione del governo sui nuovi dossier. La ragione di questa
cautela è anche un’altra. Al di là del grado effettivo di
responsabilità, della gravità dei reati contestati e dei comportamenti,
quella che emerge da parte del sindaco Uggetti è una grande prova di
ingenuità, seguita in ritardo da una presa di coscienza dei guai
combinati. Uno che manda via mail il testo del bando di concorso al
concorrente prescelto in anticipo come vincitore, prima ancora che
volontà di delinquere, dimostra una non certo spiccata intelligenza. Ed
anche le mosse successive, volte a tentare un rimedio impossibile agli
errori compiuti, danno un senso di disperazione. È questa confusione ai
limiti dell’incapacità che a Renzi dev’essere dispiaciuta, forse perfino
di più del clamore sollevato dalle scelte dei magistrati.