La Stampa 5.5.16
“Sindacati sale della democrazia. Così è nato l’asse con la Camusso”
Brunetta (Forza Italia): altro che cani e gatti, difendiamo i lavoratori
intervista di Ugo Magri
«I
nemici dei miei nemici sono miei amici», mette subito in chiaro Renato
Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, «sarà anche banale,
ma in politica funziona così».
Quindi è per via del comune nemico a Palazzo Chigi che lei ha accolto a braccia aperte Susanna Camusso, leader Cgil?
«Nella
battaglia di opposizione è giusto parlare con tutti, se occorre perfino
con il diavolo. E la Camusso non è certo il diavolo. Tanto più quando
viene a discutere un’idea intelligente, su come rinnovare lo Statuto dei
lavoratori. Ma un laburista come me, che è nato socialista riformista,
che è professore ordinario di Economia del lavoro, che considera i
sindacati una risorsa collettiva, anzi una ricchezza della vita
pubblica, figurarsi se può dire alla Cgil “no, con voi io non parlo”. A
voler rottamare i sindacati, semmai, sarà qualcun altro...».
Chi, Renzi?
«Il
presidente del Consiglio sta attuando un piano di distruzione del
sindacato e di tutti i corpi intermedi che giudico pernicioso,
inaccettabile. In quanto vuol azzerare il conflitto fisiologico, la
complessità sociale. Perché significa meno democrazia, meno libertà, più
autoritarismo e più egemonismo».
Però questi corpi intermedi che lei difende, Brunetta, sono un ostacolo a chi governa, un freno alle decisioni...
«Sono
una seccatura, lo so bene io. Pensi che nei tre anni e mezzo in cui fui
ministro, la Cgil mi proclamò contro ben 13 scioperi generali del
pubblico impiego, tutti falliti perché gli statali davano retta a me
anziché a loro. Però i sindacati, anche quando sbagliano, e sbagliano
spesso, restano il sale della vita democratica. Discutere con loro è un
dovere. Renzi invece vorrebbe interloquire direttamente con i cittadini
elettori, cerca il loro voto in cambio di qualche mancia, aumentando il
debito. Come faceva a Napoli Achille Lauro, come Peron in Argentina».
O come più di recente Berlusconi, non trova?
«Falso,
sbagliatissimo. Berlusconi e i suoi governi hanno seguito come metodo
il dialogo sociale, sempre. Cercando soluzioni di compromesso alto ai
conflitti, a costo di fare passi indietro come sull’articolo 18 dopo la
manifestazione sindacale al Circo Massimo. E sa perché lo facevamo,
noi?».
Per debolezza.
«No, perché Forza Italia era in quella
fase il più grande partito operaio italiano. Mica penserà che 15-16
milioni di voti fossero tutti dei super-ricchi, delle partite Iva e dei
padroni. Non ne esistono così tanti di capitalisti in Italia, purtroppo.
Se il Pdl arrivò al 37-38 per cento fu proprio perché inglobava la gran
parte dei “colletti blu”. E le pare che Berlusconi non tenesse conto?».
Forza Italia non è più quella di allora.
«Ma
la cultura di fondo rimane identica. Per cui non deve stupire se
mettiamo in campo un nuovo protagonismo politico e sociale. E se,
accanto ai giusti diritti dei cani e dei gatti, difendiamo con ben altra
storia e ben altre motivazioni le ragioni dei lavoratori, tutti».