La Stampa 4.5.16
“La giustizia deve fare cose giuste. Non si condanna chi ruba per fame”
Genova, il procuratore: assurdo mandare in galera un uomo per dei wurstel
di Matteo Indice
«La
mia figura viene di solito equiparata a quella dell’accusatore di
professione. Ma io ho fatto l’opposto, stavolta, mi sembrava assurdo che
venisse condannato il protagonista d’una storia del genere». Antonio
Lucisano è il magistrato che, nella veste di sostituto procuratore
generale, ha chiesto alla Cassazione di assolvere Roman Ostriakov,
l’ucraino che la Corte d’appello di Genova aveva condannato a sei mesi
per furto.
Aveva prelevato senza pagare da un supermarket Ekom
quattro «Wuber» e due pezzetti di formaggio. Pur rappresentando la
pubblica accusa, Lucisano è l’unico che ha presentato ricorso,
innescando la sentenza di cui da ieri si discute un po’ ovunque: «Basta
pensare al tipo di alimento che ha rubato: un pacchetto di würstel,
dico, nemmeno un surgelato o qualcosa che devi cucinare. È chiaro che lo
volesse aprire e mangiare subito…».
La giustizia perde tempo in processi che non si dovrebbero celebrare, o adesso si dà licenza di rubare in determinati casi?
«La
giustizia deve fare cose giuste. Punto. E il magistrato è un uomo dello
Stato, pagato e qualificato per stabilire se un furto è commesso da una
persona che ha disperatamente bisogno, se è solo una sciocchezza o,
appunto, un furto in tutto e per tutto. A me invece pareva che il
verdetto su quest’uomo fosse stato un po’, come dire...».
Sbrigativo?
«Non
vorrei attribuire aggettivi a caso, ma in poche righe si sosteneva che
non fosse dimostrata “l’urgenza”, insomma la fame. Io invece penso che
abbia rubato proprio per quello e la fame be’, è una necessità generale,
a volte anche nei tribunali le cose sono più semplici di quel che
sembrano. Poi, è vero che tutti i reati andrebbero perseguiti eccetera
eccetera; ma pure a comportarsi in modo più burocratico, non
esisterebbero i famosi criteri di priorità? A chi sembra una priorità il
processo di Roman Ostriakov per quattro würstel?».
Le era mai capitata una storia così?
«Due
anni fa feci assolvere una persona che aveva rubato una lattina di
birra da 60 centesimi, lo ritenevo troppo insignificante per meritare un
processo. Non vuol dire che ogni piccola ruberia debba rimanere
impunta: basta vagliare caso per caso, gli uomini ci stanno apposta».
Ha mai visto l’imputato, conosce la sua storia?
«Non
so che faccia abbia, non si è mai presentato in tribunale ma non
importa (Ostriakov era arrivato in Italia nel 2010 al seguito della
madre, domestica rimasta senza lavoro, non era mai stato sorpreso a
rubare prima del novembre 2011 e nei mesi successivi aveva inanellato un
altro paio di denunce, avendo sottratto alimenti per un valore di
qualche decina di euro. Non è mai stato arrestato, oggi non si trova a
Genova ma di tanto in tanto vi ritorna, ndr)».
Perché si è rivolto lei alla Cassazione e non l’avvocato difensore?
«L’imputato
era indigente e aveva un legale d’ufficio (Maria Montemagno, che si
batté fino all’Appello, perdendo per un periodo le tracce del suo
cliente che un giorno le aveva detto: “Forse la cella sarebbe meglio,
almeno lì si mangia”, ndr). All’epoca non era cassazionista e non poteva
andare oltre, nonostante si fosse impegnata in un lavoro approfondito e
appassionato. Ho pensato fosse giusto tentare con il terzo grado e la
Cassazione alla fine ha condiviso la sua e la mia visione. Badiamo bene:
non c’entrano le nuove leggi sulla “particolare tenuità”, hanno scelto
l’opzione più netta partendo dalla fame come bisogno supremo ed ecco
perché ha fatto così scalpore».
I poveri faticano di più a difendersi fino alla Suprema Corte?
«Eh...».
Ha sempre fatto il pubblico ministero?
«No,
sono in Procura generale da sette anni, ma sono stato per molti anni
giudice a Venezia, ai tempi del processo per il petrolchimico. Era
rarissimo trovarsi davanti a casi del genere e quando toccava giudicare,
mi pareva impossibile che fossero arrivati fin lì...».