La Stampa 4.5.16
Sindaco in manette a un mese dal voto
Scatta l’allarme Pd
Il silenzio di Renzi. “Un provvedimento abnorme”
La rabbia del partito assediato
di Carlo Bertini
All’interno
del Partito democratico nessuno vuole parlare di «complotto» da parte
della magistratura, ma sono in molti a credere che si tratti di
un’«offensiva» giudiziaria
L’unico a difendere i
magistrati, se pur con abbondante dose di sarcasmo, è il presidente del
partito, Matteo Orfini, «i giudici devono perseguire i reati, gli
abbiamo pure chiesto di lavorare di più rinunciando alle ferie...».
Matteo Renzi non dice nulla in pubblico. «Io sono tranquillo, noi
abbiamo fatto tutto quello che dovevamo, le leggi che ci hanno chiesto,
anche severe. Ne abbiamo fatte altre, la riforma del processo e della
prescrizione sono in arrivo, il resto diventa cronaca, i giudici
facciano il loro lavoro e presto». Così però dicono che si esprima in
privato quelli che vogliono restituire un’immagine il più possibile
rotonda del premier. Il quale non può dare l’impressione di un partito
che si considera sotto assedio o di un leader a dir poco arrabbiato come
qualcuno lo descrive; non può rimandare all’esterno l’idea che tutti i
suoi hanno avuto da quella che nel Pd viene considerata in camera
caritatis «una misura abnorme, gigantesca».
A sentire le frasi in
copia carbone pronunciate fuori verbale da suoi dirigenti si può
immaginare come la pensi: «Saranno mesi difficili di qui al referendum»,
è quella più diffusa. Che sta a intendere la previsione di uno
stillicidio quasi quotidiano per indebolire Renzi, ragiona uno dei big,
premettendo che «nessuno di noi può pensare però che vi sia un complotto
dei giudici, perchè vorrebbe dire un golpe eversivo».
Fatto sta
che nei conversari fin dalla mattina aleggiano spettri di ogni sorta.
Non però nell’entourage del premier dove l’aria è pesante ma meno che
nel partito, anche se «questa qui è una cosa enorme, piccola nella suo
perimetro ma enorme, arrestare un sindaco per questo reato...». Fino ad
arrivare al refrain ripetuto da tutti gli interlocutori, l’avviso ai
naviganti del «non pensiamo si possa immaginare che ci sia una guerra
dei magistrati col Pd, sarebbe una rottura dello stato di diritto».
Rischio per le elezioni
Se
la previsione è che di qui al referendum sarà una via crucis, non c’è
grande timore che questa ennesima botta giudiziaria possa incidere sul
voto alle comunali. O meglio: perlomeno a Milano, dove «il competitor è
Parisi e non i cinque stelle», ragiona uno degli uomini del premier; ma
arrabbiatura tanta, quella sì, «perché questo arresto eclatante aggiunge
un tassello alla tesi di Davigo che tutta la politica è marcia, da sud a
nord», scuote la testa un ministro delle truppe alleate.
L’irritazione di Bersani
E
se il presidente Orfini ha la sua ricetta, «governiamo tutto e bisogna
alzare l’asticella: rinunciare ai voti facili presi con modalità
inaccettabili, monitorare i circoli come abbiamo fatto a Roma, insomma
più partito e meno comitati elettorali». Come d’incanto in questo
frangente il partito si ricompatta, nessuno va a colpire il quartier
generale sulla questione morale dalle fila della sinistra. Forse il
motivo risiede anche nel fatto che l’arrestato non provenga dalle file
dei renziani, nel 2012 era il coordinatore provinciale dei bersaniani. A
DiMartedì, Pierluigi Bersani dà voce al malumore dem: «Quel ragazzo di
Lodi io l’ho incrociato più di una volta, potrà aver commesso degli
errori ma non cose sporche. Io non ci credo. E poi quel Gip che si
permette di dare giudizi su come si fa il sindaco...».
Sospensione da codice
Nel
partito fin dalla mattina si affastellano le perplessità su «un
provvedimento spropositato che lascia senza parole», ragiona un altro
pezzo grosso. Comunque sia, «certo che ci fa male, ma tutti sono
convinti che non stia nè in cielo nè in terra». Ora si vedrà cosa fare
di questo sindaco, forse già oggi farà sapere di sospendersi dal
partito: i big nazionali valuteranno il dettato del codice etico del
partito prima di prendere provvedimenti, insomma l’imbarazzo si taglia a
fette.