mercoledì 4 maggio 2016

La Stampa 4.5.16
La Francia dice no al Ttip di Obama
Perché Hollande si oppone al trattato?
di Leonardo Martinelli

Per una volta François Hollande, notoriamente indeciso e sfuggente, ha parlato chiaro e tondo: riguardo al Ttip, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, ha detto ieri che «allo stato attuale del negoziato, la Francia dice no», perché «non siamo per un libero scambio senza regole. Mai accetteremo di mettere in discussione dei principi essenziali per la nostra agricoltura, la nostra cultura, per la reciprocità all’accesso dei mercati pubblici».
Le malelingue hanno sottolineato che il Presidente, ai minimi della sua popolarità, ha voluto cavalcare lo scetticismo dell’opinione pubblica francese confronti di quel progetto che invece sta tanto a cuore a Barack Obama. E l’ha fatto lo stesso giorno in cui la legge El Khomri, contestatissima, sulla riforma del mercato del lavoro, iniziava il suo iter parlamentare. Sì, forse per distogliere un po’ l’attenzione. Sta di fatto che ha parlato a ruota libera, prendendo le distanze da un’Angela Merkel che sul libero scambio Ue-Usa è più possibilista. «Non ci può essere un accordo senza la Francia, tanto meno contro la Francia», ha rincarato la dose Matthias Fekl, il sottosegretario al Commercio estero. «Noi puntiamo alla reciprocità e invece l’Unione europea propone tanto agli Stati Uniti. Ma in cambio ottiene ben poco». Fekl ha aggiunto: «Vogliamo difendere l’agricoltura e le indicazioni geografiche», mentre i negoziatori statunitensi stanno cercando di limitare la valenza dei marchi Igp e Doc. «E vogliamo che le nostre Pmi (piccole e medie imprese) abbiano acceso al mercato nordamericano». Washington è pronta a riconoscere l’accesso libero alle sue gare d’appalto ma senza derogare alla legge «buy american», per cui il 50% dei prodotti utilizzati devono essere made in Usa.
Il fervore di Hollande e compagnia è stato ovviamente alimentato dai leaks pubblicati da Greenpeace nei giorni scorsi: documenti confidenziali che indicherebbero la volontà degli sherpa statunitensi di mettere a rischio gli standard europei su salute e ambiente pur di far passare il libero scambio a tutti i costi. La corsa al Ttip è iniziata nel 2013. Finora ci sono stati 16 round di negoziati. Il prossimo è previsto in giugno. E la strada appare tutta in salita.