La Stampa 4.5.16
Il piano dell’Egitto contro la stampa
“Bisogna censurare il caso Regeni”
di Rolla Scolari
Succede
in Egitto proprio nel giorno della celebrazione mondiale della libertà
di stampa. Per errore, il ministero dell’Interno ha inviato all’intera
mailing list di giornalisti accreditati alcuni documenti, tra cui uno in
cui la procura generale raccomanda «l’obbligo di non pubblicazione» di
informazioni sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore friulano morto
sotto tortura in Egitto oltre tre mesi fa.
I giornalisti hanno
ricevuto anche quello che sembra un «piano segreto» per gestire la crisi
che da domenica è in corso tra il Ministero dell’Interno e il potente
Sindacato dei giornalisti, da sempre al Cairo simbolo di dissenso e
luogo – dai tempi di Hosni Mubarak – di manifestazioni e proteste.
A
dare i dettagli di quello che potrebbe diventare un «Cairoleaks» è il
quotidiano al Masry al Youm, nato negli ultimi anni dell’era Mubarak,
quando la stampa aveva avuto un momento di relativa apertura, perso nei
mesi successivi alla rivoluzione. Oggi l’Egitto è 158° su 200 Paesi
nella lista della libertà di stampa di Reporters Senza Frontiere.
In
un raid delle forze dell’ordine, domenica, due giornalisti del
sindacato, Amr Badr e Mahmoud al-Sakka, sono stati arrestati: sono in
custodia cautelare per 15 giorni. Il loro avvocato, Malek Adly, noto
nell’attivismo anti-governativo del Cairo, sostiene che siano stati
obiettivo del regime per i loro articoli critici nei confronti della
recente cessione delle isole del Mar Rosso di Tiran e Sanafir all’Arabia
Saudita. Sono tante le penne note, anche pro-governative, che in queste
settimane hanno preso la stessa posizione. La mail partita «per errore»
parla di una «escalation» che sarebbe «un’azione deliberata portata a
termine dal capo del Sindacato, Yeyhia al-Qalash, e diversi altri membri
del Consiglio sindacale, per opporsi al ministero».
«Dobbiamo
anticipare la malvagia e immediata campagna contro il ministero
dell’Interno» , «È essenziale non fare passi indietro: la ritirata sarà
giudicata come un errore e se c’è un errore ci sarà qualcuno da ritenere
responsabile». Per questo, continua l’email, il ministero deve ritenere
le azioni del capo del Sindacato e dei vari membri come «illegali», e
consiglia la presenza in televisione di analisti ed ex militari che
sostengano il dicastero.
In Egitto la notizia è trattata come il
nuovo «scandalo» che imbarazza il regime e pure il quotidiano
governativo al Ahram ha chiesto il licenziamento del ministro Magdy
Abdel Ghaffar: «Ha commesso molti errori nell’ultimo periodo e il più
deplorevole è il comportamento verso i giornalisti». Per al Masry al
Youm, l’errore racconta «lo stato confusionale in cui versa il
ministero». Dopo aver inviato, la mail incriminata e aver scoperto
l’errore, l’ufficio ha inviato un secondo messaggio: «Cari giornalisti,
manderemo da ora i nostri comunicati e le nostre notizie da questa
email: moiegypt@gmail.com, alla luce del fatto che il nostro indirizzo
abituale, center@moi.gov.eg ha in questo momento difficoltà tecniche di
cui ci stiamo occupando».