martedì 3 maggio 2016

La Stampa 3.5.16
Le poche liste rischiano di penalizzare i Cinquestelle
di Francesco Maesano

A leggere i sondaggi sono in testa a Roma, si avviano al ballottaggio a Torino e hanno performance di tutto riguardo nelle altre grandi città che vanno al voto tra poco più di un mese. Eppure tra i Cinquestelle si sta facendo strada il timore che le amministrative non si trasformeranno nella consacrazione del M5S di governo che i vertici sperano e attendono. Il problema non sono i candidati né la gestione delle campagne elettorali sui territori, ma la natura stessa del Movimento.
«Correndo da soli - ragionano ad alta voce i vertici Cinquestelle - finiamo per avere al massimo 48 candidati nelle città più grandi, tutti compressi in una sola lista mentre gli altri magari ne schierano otto o dieci». Non è solo un problema di voto clientelare, ma una banale quanto stringente questione aritmetica: avere più candidati significa poter intercettare più mondi di pensiero o, più modestamente, zone di quartiere che, con meno nomi in lista, rischiano di non avere rappresentanti conosciuti in corsa per il consiglio comunale.
Così, benché i sondaggi nazionali lo vedano sempre più consolidato come alternativa al Pd di Matteo Renzi, le urne di giugno rischiano di punire il solipsismo del M5S nonostante le performance si annuncino lusinghiere. A Milano, dove storicamente non sono mai brillanti alle elezioni, il candidato Gianluca Corrado ha cominciato la corsa in condizioni oggettivamente proibitive. C’è entrato in seguito al controverso ritiro di Patrizia Bedori e al momento è stritolato nei sondaggi dal testa a testa tra Sala e Parisi. Nonostante questo anche lì i Cinquestelle sono attestati in doppia cifra intorno al 15 per cento. Voti peraltro decisivi se il Movimento dovesse mai decidere di imboccare la strada dell’indicazione di voto per uno dei due candidati al ballottaggio. Ipotesi sempre preclusa almeno dal punto di vista formale. Mentre, nella sostanza, alle volte è praticata con malizia, soprattutto al sud. Stesso discorso per Bologna, dove Bugani sarebbe intorno al 16 e per Napoli, dove il brianzolo ingegner Brambilla è accreditato di oltre il 17 per cento delle preferenze dei partenopei. Gli obiettivi considerati buoni dai vertici M5S per rivendicare le amministrative come una vittoria prevedono come minimo una grande città conquistata tra Roma e Torino, una media nazionale che si aggiri intorno al 22/23 per cento e almeno un centinaio di Comuni presi per dimostrare che, dove gli altri falliscono, l’alternativa Cinquestelle esiste e i cittadini le si affidano con crescente fiducia. Asticelle alte che, se non dovessero essere raggiunte, provocherebbero l’apertura di un cantiere interno al M5S per mettere in discussione tutto: a partire dal divieto di alleanze.