martedì 3 maggio 2016

La Stampa 3.5.16
La Francia discute la riforma del lavoro
Vietati i raduni notturni di chi protesta
La norma arriva in Parlamento ma al governo mancano i numeri per il via libera Valls: “Fiducioso”
Proibite le manifestazioni dopo le 22 che tengono banco da un mese
di Leonardo Martinelli

Una strada tutta in salita: è quella che attende in Francia la legge El Khomri, la riforma del mercato del lavoro, da oggi all’esame dell’Assemblea nazionale. Al momento non raccoglie in Parlamento i consensi necessari al suo via libera. Ma neppure al di fuori dell’aula «il Jobs Act alla francese», come lo chiamano a Parigi, in riferimento all’invidiato (da parte del governo di Manuel Valls) provvedimento italiano, scatena tanti entusiasmi. A partire dalla piazza della République, nel cuore della capitale, dove, da un mese, alcune centinaia (talvolta migliaia) di giovani e meno giovani, si ritrovano a discutere e protestare ogni sera, «in piedi la notte». È il movimento «Nuit debout», che proprio da ieri è drasticamente limitato dalla prefettura.
È vero, negli ultimi tempi quella folla di sognatori era stata infiltrata da elementi perturbatori, che si erano scontrati violentemente con la polizia. Ma, strana coincidenza, ieri sera, alla vigilia del debutto della legge in Parlamento, il prefetto di Parigi ha deciso di limitare, almeno per due giorni, solo alle 22 e non oltre i raduni in quella piazza. Proibiti a quell’ora anche i cortei. Nuit debout non è riuscito a trasformarsi in un movimento di indignati in salsa francese. Ma i manifestanti resistevano, lì a dire no alla legge El Khomri. Fino al pugno duro delle autorità.
Ritorniamo al progetto legislativo. Doveva essere «la» riforma della presidenza di François Hollande: un’iniezione di flessibilità nel mercato del lavoro, per far calare quel tasso di disoccupazione che resta piantato sopra il 10%. Ma in realtà non sarà facile farla passare. «Al momento - ha detto ieri sera Christophe Sirugue, deputato socialista e relatore della legge - ci mancano una quarantina di voti per approvarla». In un’assemblea dove il Partito socialista può contare sulla maggioranza assoluta, vuol dire che la formazione è spaccata al suo interno. Pure stavolta Hollande non è riuscito a unire la sinistra: lui, che crede ancora di potersi candidare alle presidenziali del 2017.
L’esecutivo dovrà trovare il compromesso in aula, con oltre 5 mila emendamenti già presentati per un testo di una cinquantina di pagine. Valls si dice «fiducioso», ma ha paventato il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione, che permette al governo di far passare una legge, senza il voto in aula. Myriam El Khomri, la ministra del Lavoro, ha assicurato fino all’ultimo che il progetto, «giusto e necessario», non sarebbe stato ritirato. Da fine febbraio si è dimostrata assai conciliante con i sindacati (ma restano contrari, a parte la Cfdt), facendo fuori le norme più polemiche: «Snaturando il testo iniziale», secondo il Medef, la Confindustria francese, che appoggiava la riforma e ora la ritiene inutile. Al pari della destra, che al principio era positiva. Ma adesso promette battaglia e basta.
D’altra parte i cambiamenti apportati dalla El Khomri non hanno convinto neanche i comunisti e gran parte dei Verdi, che rigettano la legge. Né la sinistra del Ps, in particolare i «frondisti», esplicitamente anti-Hollande. «Questa legge non è in linea con le riforme che si aspettano da un governo di sinistra», ha detto Christian Paul, leader del gruppo. Tra le misure che più scatenano le critiche, quella che prevede di rendere più facile il licenziamento di tipo economico nelle piccole imprese (sotto i 50 dipendenti basterà un trimestre di «riduzione significativa di ordini e fatturato» mentre sopra i 300 ce ne vorranno quattro consecutivi). Secondo un sondaggio di pochi giorni fa, dell’istituto Bva, sette giovani su dieci restano contrari alla legge. E il 51% dei francesi chiede che «il progetto sia ritirato e interamente riscritto».