La Stampa 3.5.16
Una Babele di voci nel fronte del “no”
La sinistra dem indecisa
Gotor: libertà di coscienza. Bersani: voto sì
di Francesco Maesano
Una
sola risposta per tante voci, indistinguibili ma separate: il fronte
del no al referendum confermativo della riforma costituzionale è diviso e
frastagliato. E i contorni combaciano con quelli delle appartenenze
partitiche e di coalizione.
L’unico vero esperimento di sintesi a
reggere, per ora, è quello del centrodestra. Forza Italia, Lega e
Fratelli d’Italia hanno presentato già a gennaio il loro comitato del no
presieduto da Annibale Marini. La trazione, soprattutto al sud, è
affidata a Forza Italia. Berlusconi in questi giorni ha scritto ai
coordinatori regionali e provinciali del partito per chiedergli di
iniziare a lavorare per la costituzione dei comitati locali. Su Roma
dovrebbero lavorare gli esponenti del partito di Giorgia Meloni mentre
al nord toccherà a al Carroccio mettere a disposizione la propria
macchina. L’unità referendaria del centrodestra per ora regge, ma la
realtà è che prima del risultato delle amministrative nessuno è in grado
di dire se e quanto le spaccature interne al campo che ha governato il
paese con i quattro governi Berlusconi rischino di produrre un rompete
le righe anche sul voto contro la riforma Boschi. Specie dopo la
conclusione traumatica della partita romana per la scelta del candidato
sindaco.
Oltre a quello del centrodestra ci sono anche i comitati
dei centristi di Mauro e Giovanardi e quello appoggiato da Sel. E anche
il M5S va verso la presentazione di un suo comitato, ma la sua posizione
è più complessa.
I vertici vorrebbero depotenziare il più
possibile la portata politica del voto ragionando sul fatto che,
solleticato sul tema dei costi della politica, anche il loro elettorato
potrebbe essere tentato di dare semaforo verde al testo. Per questo
l’idea di appoggiare la proposta dei Radicali di spacchettare il
referendum inizialmente era piaciuta. Ma per i Cinquestelle le
difficoltà tecniche di arrivare a una soluzione che permetta ai
cittadini di esprimersi su singoli punti della riforma rendono
impraticabile la scelta. Più agevole, invece, evitare lo scontro e
stemperare il più possibile la contrapposizione.
C’è poi il
capitolo della sinistra Pd. Anche da quelle parti si attende il
risultato del voto delle amministrative. Poi, a risultato consolidato,
si capirà se esiste lo spazio per mettere in difficoltà Renzi sul
referendum. Se il governo dovesse uscire rafforzato o senza troppe
ferite dal voto di giugno allora in molti potrebbero decidere di
svoltare convintamente sul sì. Se invece dovesse arrivare uno stop
politico al governo allora la contropartita chiesta dalla minoranza per
non spaccare a ottobre sarebbe la riapertura dell’Italicum chiesta più
volte. Ieri Miguel Gotor è tornato a chiedere al premier-segretario che
«un grande partito come il Pd lasci lo spazio per la costituzione al suo
interno di comitati del no», auspicando una sorta di libertà di
coscienza sul tema per «abbassare la temperatura plebiscitaria della
consultazione». E ieri Bersani chiariva: «Voteremo sì purché non venga
fuori un sì cosmico contro un no cosmico». Quel che pare assodato è che
né Speranza né Cuperlo promuoveranno in prima persona comitati del no:
saranno, in caso, gli attivisti legati al periodo bersaniano del partito
a farlo.