giovedì 26 maggio 2016

La Stampa 26.5.16
Letta e Speranza
Un ticket anti Renzi per la sinistra Pd
La prossima battaglia dell’ex premier: l’Italicum
di Carlo Bertini

Chiamarla strategia sarebbe un’esagerazione, troppa acqua - tra comunali e referendum - deve passare sotto i ponti, dunque le cose ancora sono allo stato embrionale: ma che «si ragioni su uno schema a due, di candidato premier e segretario del partito è vero», ammette alla buvette della Camera l’ex Ds e bersaniano di ferro Davide Zoggia, mentre chiacchiera con i compagni di partito e di corrente Nico Stumpo e Danilo Leva. Del resto, anche se il congresso Pd è lontano, dopo le parole di Bersani a questo giornale, «su Letta non ho mai avuto nessun problema, ma non lo ordina il dottore che un segretario sia candidato premier», si capisce che la tattica di gioco sia quella di un ticket. Insomma si comincia a scorgere quale sia il piano per provare a opporsi al blocco di potere renziano e cercare di «riprendersi il partito» se Renzi dovesse perdere il referendum: i dissidenti anti-Renzi non solo faranno in ogni caso della separazione delle carriere tra premier e segretario una bandiera della battaglia congressuale; ma in testa hanno già due nomi, un candidato sicuro per la segreteria, Roberto Speranza (che dicono abbia già ricevuto un via libera dei quadri ex Ds di molte regioni); ed un candidato papabile più di altri per la premiership, Enrico Letta.
A Shanghai, fuori dai giochi
Il quale però, dopo la bordata di ieri sul referendum iper personalizzato, (tradotta: se Renzi lo perderà sarà solo colpa sua, perché se non faceva così si vinceva a mani basse) è volato a Shanghai e Seul per una serie di conferenze. E non vuole esser coinvolto in scenari ritenuti troppo prematuri. Riguardo al ticket di cui si parla nei corridoi di Palazzo e nei capannelli della minoranza Pd più di quanto sembri, Letta nell’immediato non vede prospettive di questo genere. «Nessuna manovra, certo se poi c’è gente che pensa a lui in un momento di popolarità calante di Renzi...», dice Marco Meloni, il parlamentare a lui più vicino. «In questa fase è naturale che tanti pensino a tanti, ma Enrico non si infila in beghe di partito». Senza rinunciare però ad esercitare il suo spirito critico sulle vicende della politica nazionale, rivendicando la propria autonomia.
Prossimo fronte l’Italicum
Tanto che dopo gli ultimi due affondi sull’election day e sulla campagna referendaria che spacca il paese, ha individuato come prossimo fronte quello della legge elettorale. Come ultimo atto della sua permanenza in parlamento scelse infatti di non votare l’Italicum e il prossimo atto dello scontro sarà su quello, pur non mettendo in dubbio il suo sì al referendum. «Questo perché l’Italicum non dà ai cittadini diritto di scegliere i parlamentari, non dà garanzia di stabilità e non garantisce dagli inciuci», ragiona in questi giorni con i suoi l’ex premier. Dopo che autorevoli studiosi hanno fatto notare come il famoso premio di maggioranza dia solo 25 parlamentari in più a chi vince, senza dunque evitare possibili giochini in Parlamento.
Tattica di logoramento
Ma rispetto alla vicenda congressuale, Letta va dicendo che non se ne occupa, «sto facendo un altro lavoro, sono impegnato con le lezioni a Parigi e la scuola di formazione politica dei giovani a Roma». Ma quando vede che c’è qualcosa che riguarda temi politici è più libero di intervenire.
Non sarà però un caso se Letta porterà avanti la stessa bandiera di Bersani, la battaglia per cambiare quella legge elettorale che produce solo «un indebolimento del Parlamento con due terzi dei deputati nominati da capi partito». Così come non è un caso che Bersani ogni giorno trovi il modo di riaprire il fronte, malgrado Renzi abbia già detto via Boschi che il tema non si pone. Il congresso di fatto è già cominciato.