Corriere 26.5.16
Sinistra pd, cresce la tentazione del No
La minoranza alza l’asticella delle richieste. E Orfini: nei ritagli di tempo dovremmo batterci per giugno
di Monica Guerzoni
ROMA
Matteo Renzi si augura che si diradi la nebbia delle polemiche e si
scorga, finalmente, «il panorama» che si apre di fronte agli occhi dei
sostenitori del Sì: un’Italia senza più inciuci e larghe intese, dove i
politici, ridotti di numero, non restino incollati alla poltrona. Ma se
il premier invita a entrare nel merito della riforma costituzionale, nel
Pd cresce il fronte dei dubbiosi. La minoranza alza (di molto)
l’asticella delle richieste e Matteo Orfini, per la prima volta, lascia
cadere parole che sanno di critica e disimpegno.
Sull’ Huffington ,
il presidente del Pd ammonisce i dirigenti: «Ricordo che uno dei
principali insegnamenti del Pci era non scaricare le tensioni politiche
sulle istituzioni». Monito rivolto «a tutti, dal segretario fino
all’ultimo parlamentare». Se poi vincono i no e la legislatura
costituente si ferma? «A quel punto si vota». E c’è dell’altro. Perché
Orfini, i cui «turchi» non avrebbero apprezzato il sapore un po’
«grillino» di alcuni slogan della campagna #bastaunsì , ricorda che «nei
ritagli di tempo» il Pd dovrebbe battersi per vincere le
Amministrative. Messaggio rivolto più alla maggioranza che alla
sinistra, impegnata per sostenere i sindaci e però disimpegnata sul
referendum.
È sempre più difficile per la minoranza sostenere la
posizione del Sì, assunta per coerenza dopo il voto in Parlamento. «Se
si cambiano le carte in tavola, io mi sento libero», va dicendo Pier
Luigi Bersani. Il quale, stufo della «demagogia» con cui Renzi rischia
di «spaccare il campo democratico», ha incassato come un cazzotto le
parole di Maria Elena Boschi sui partigiani «veri». E adesso, per
confermare il suo appoggio, l’ex leader del Pd pone una lunga serie di
condizioni. La prima è una proposta di legge per l’elezione diretta del
Senato e l’ultima, in ordine di tempo, il doppio turno di collegio al
posto dell’Italicum. Bersani insomma vorrebbe votare sì, ma ammette di
essere tentato dal no: «Se le cose vanno avanti così, tra quattro mesi
ci troviamo tra le macerie del campo democratico. Renzi deve tener conto
delle obiezioni non irragionevoli del no».
La Cgil di Susanna Camusso non si schiera, ma boccia la riforma Renzi-Boschi.
E
poiché Gianni Cuperlo teme che il referendum sarà il vero congresso del
Pd, si potrebbe pensare che la minoranza stia cercando alibi per
smarcarsi.
Roberto Speranza assicura che la sinistra «non cerca
scuse», non progetta alcuna «escalation verso il no». Eppure, lo
sfidante di Renzi alla segreteria avverte: «Questo clima da scontro di
civiltà non aiuta a decidere i tanti che hanno dubbi. Invece di
intercettare gli indecisi, sembra che Renzi voglia spingerli verso il
no». Ecco, a sinistra aleggia il sospetto che il leader voglia
costringerli allo strappo, per veleggiare verso il partito della
nazione. «Se vogliono cambiare l’elettorato del Pd, per noi non è
accettabile — ammonisce Speranza —. I tanti che voteranno no potranno
restare, o saranno fuori ?».