giovedì 26 maggio 2016

La Stampa 26.5.16
I libri in tv, cultura o pubblicità?
di Mario Baudino

Possiamo chiederci che cosa direbbe Richard Castle del «Patto per la lettura» siglato col ministro Franceschini dai rappresentanti delle maggiori tv nazionali. Forse farebbe quel mezzo sorriso un po’ furbo e un po’ disarmato che gli viene fuori nei momenti più imbarazzanti o esaltanti della sua fortunatissima serie televisiva. Lui sì che la sa lunga.
Il «Patto» prevede di «creare occasioni di promozioni della lettura e dei libri all’interno di ogni genere di programmi e non esclusivamente nei contenitori culturali». Insomma di distribuire libri in tutte le trasmissioni, mostrare personaggi che leggono o magari che scrivono, chissà, far saltare fuori una copertina da un branzino di «Masterchef». «Mostrare» la lettura in modo trascinante, che crei emulazione, non è facile. All’inizio del «Grande Fratello» si ebbe una polemica fra chi si domandava perché mai quei giovanotti facessero di tutto, nella «casa», fuorché leggere un libro, e la produzione che obiettava con buone ragioni come fosse contrario ai principi della trasmissione «isolare» i ragazzi in se stessi, distogliendoli dalle loro interazioni continue e petulanti.
Gli sceneggiatori di «Castle» risolsero il problema nel 2009. Il loro protagonista, interpretato da Nathan Fillion, è un popolare autore di thriller, che cerca inspirazione in un distretto di polizia; diventa detective volontario e geniale, oltre che innamorato, ma questa è un’altra storia. Successo strepitoso, come si sa. Tanto che parallelamente alla serie, una squadra di ghost writer si è messa a confezionare i romanzi di Castle, trasferendo una finzione (il romanzo appunto) dalla finzione televisiva alla realtà, e approdando in classifica: in America nella top ten, in Italia (tradotti da Fazi) in buone posizioni.
Per il pubblico non fa differenza: sono firmati Richard Castle e c’è la foto dell’attore (non dell’autore), che del resto va per librerie e per tour promozionali recitando la sua parte. Tutti si divertono e, seppure in un mercato come quello americano, che non ne ha un gran bisogno, si promuove la lettura. O si fa del marketing? Va da sé che i due termini non sono equivalenti.