Corriere 26.5.16
Il naufragio dell’Europa
di Beppe Severgnini
Le
immagini del barcone rovesciato al largo della costa libica resteranno
nei nostri occhi. L’assurda festosità dei colori, l’acqua blu del
Mediterraneo centrale, i tuffi dallo scafo inclinato. Poi soltanto
piccoli uomini sparsi nel mare immenso. Rari nantes in gurgite vasto .
Virgilio li descriveva così, duemila anni fa. In quel racconto
naufragava la flotta troiana di Enea, punita dalla dea Giunone. Oggi
naufraga l’Europa, tirata a fondo dalla propria sufficienza.
Bambini,
donne e uomini rischiano l’annegamento e gli squali a poca distanza da
Lampedusa, in una bella giornata di maggio. Scene che dovrebbero essere
mostrate in tutte le scuole d’Italia stamattina, insieme a una carta
geografica. Solo la generosità e la rapidità della nostra Marina
Militare, alla guida della forza europea (Eunavformed), ha impedito che
un incidente folle diventasse una tragedia orrenda. Non la prima, come
sappiamo. Imprevedibile? No. Prevedibile e previsto, invece. Si diceva:
appena la primavera si sarà assestata e il mare si sarà calmato,
riprenderanno le partenze dalla Libia. È accaduto, ovviamente. In tre
giorni, con quaranta operazioni di soccorso, sono state raccolte in mare
seimila persone. Centinaia di migliaia sono in attesa, pronte a
partire. Migranti africani, senza i requisiti per essere considerati
profughi e restare in Europa.
H o passato tre giorni sulla
portaerei «Cavour» che sorveglia il tratto di mare fino al limite delle
acque libiche. Ho visitato altre unità in elicottero. Ho ammirato la
calma e il mestiere di tutti, ma ho capito: queste giornate lasceranno
il segno. Dice l’ammiraglio Andrea Gueglio, comandante dell’operazione
europea: «Abbiamo saputo dai naufraghi che alcuni compagni di viaggio
sono morti in questo modo: il motore si fermava e loro si buttavano a
nuoto, convinti che la riva fosse appena oltre l’orizzonte».
Non
sanno dove sono, non sanno dove vanno, non sanno come navigheranno.
Succede spesso che i migranti, dopo aver visto le condizioni di
trasporto, si rifiutino di salire a bordo, e vengano imbarcati a
frustate, come bestie. Il traffico di essere umani oggi è la seconda
industria libica, dopo il petrolio.
Creiamo corridoi umanitari!,
chiede qualcuno. Non permettiamo quest’abominio. Ma se il passaggio in
Europa fosse sicuro, i migranti non sarebbero decine di migliaia,
diventerebbero milioni. Il compromesso è quello che vediamo: sperare che
i disperati non partano, salvare quelli che lo fanno, ospitare i
profughi, respingere gli altri.
Qualcuno la chiama ipocrisia: è solo impotenza.
Una
cosa, forse, si potrebbe tentare. Spiegare ai migranti cosa li aspetta.
Se è vero che sono inconsapevoli dei rischi e delle prospettive,
proviamo a informarli. Cosa è stato fatto nei Paesi d’origine? Quali
alternative sono state offerte a chi vuole prendere il mare?
La
proposta italiana – il Migration compact inviato il 15 aprile ai
presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Jean-Claude Juncker e
Donald Tusk – rappresenta un passo sulla strada giusta. «Senza una
cooperazione mirata e rafforzata con i Paesi terzi di provenienza e di
transito — ha scritto Matteo Renzi — la crisi diventerà sistemica».
Tutto corretto, salvo il tempo del verbo.
La crisi è già
sistemica. Lo dimostrano le vicende di queste ore. L’estate aumenterà i
flussi, i soccorsi, le tragedie. È necessario scoraggiare le partenze
dall’Africa. Almeno, bisogna provarci.
L’ho visto da vicino, nei giorni scorsi. Una portaerei è una nave immensa. Davanti a un continente, diventa un punto nel mare.
Sono eroici, i marinai italiani ed europei: non lasciamoli soli.