mercoledì 25 maggio 2016

La Stampa 25.5.16
Una morte su tre si potrebbe evitare con le giuste cure
In Europa 577 mila decessi per falle nella sanità Italia nella media. Lorenzin: serve più prevenzione
di Maria Corbi

Le quote più alte di decessi evitabili in Ue si sono registrate in Romania e in Lettonia Mentre è la Francia ad avere performance meno catastrofiche

Una persona ammalata su tre in Europa si poteva salvare. Eurostat divulga i dati destinati a misurare l’efficacia dei sistemi sanitari nazionali e il quadro che ne esce è preoccupante. Nell’Ue 1,7 milioni di persone di età inferiore ai 75 anni sono morte nel 2013 e 577.500 di questi decessi, ovvero il 33,7%, si sarebbero potuti evitare. Il concetto di «morte evitabile» è relativo a un decesso che nel momento in cui si è verificato «poteva essere evitato se fossero state applicate terapie puntuali ed efficaci».
E ovviamente esiste una geografia del dolore. Le quote più alte dei decessi evitabili in Ue si sono registrate in Romania e in Lettonia, rispettivamente 49,4% e 48,5%, (praticamente una persona su due è stata sacrificata all’inefficienza) seguite da Lituania 45,4% e Slovacchia 44,6%. Mentre è la Francia ad avere performance meno catastrofiche con il tasso asso più basso di mortalità evitabile, «solo» il 23,8%. Seguono Danimarca 27,1%, Belgio 27,5% e Olanda 29,1%. L’Italia è al 33%.
Il rapporto ha preso in esame i dati Eurostat che contengono le 86 cause di morte dei cittadini della Ue. Ancora una conferma che sono le crisi cardiache la causa maggiore di mortalità: 184.800 decessi (sul totale dei 577.500). A seguire gli ictus (problemi vascolari cerebrali), con 94.000 decessi. Somma che dà circa il 48% del totale delle morti evitabili. A cui si aggiunge il 12% dei decessi causati dal cancro al colon, il 9% per quello al seno, il 5% per malattie legate all’ipertensione e il 4% per polmoniti. Una lugubre classifica di vite stroncate da una malattia, ma prima ancora da una sanità che non ha usato tutte le armi per sconfiggerla.
E in un’epoca di tagli ai sistemi sanitari questi dati fanno riflettere, soprattutto se incrociati con altre rilevazioni di Eurostat che hanno registrato in Italia il fenomeno dell’accorciamento della vita sana, problema che riguarda soprattutto le donne, a partire dal 2004 quando l’aspettativa media di vita sana per un italiano era di 70 anni. Oggi è di 61 anni.
Ma Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità riporta il ragionamento all’ottimismo: «L’Italia ha performance migliori della media europea e anche di altri servizi sanitari come quelli di Gran Bretagna e Svezia». «Il lavoro avviato nei passati 3 anni - spiega Ricciardi - è focalizzato su un ulteriore miglioramento di queste performance attraverso l'appropriatezza organizzativa e professionale perseguita attraverso misure sia regolamentari (ad esempio il Regolamento per gli standard organizzativi e funzionali delle strutture ospedaliere) sia di lavoro comune con i professionisti per mettere al centro delle strategie diagnostiche e terapeutiche le migliori pratiche per il paziente».
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin sottolinea che i dati Eurostat si riferiscono al 2013 e che «il nostro Paese ha performance migliori della media europea», ma ammette «che questo risultato va migliorato». «Negli ultimi tre anni abbiamo incentivato investimenti in prevenzione, che devono continuare a crescere. L’approvazione dei nuovi Lea, un grande lavoro che abbiamo ultimato e che adeguano i livelli essenziali di assistenza fermi dal 2001, fornirà uno strumento fondamentale per la riduzione della mortalità evitabile».
«Noi abbiamo un tema aperto - prosegue Lorenzin - ed è quello della diseguaglianza tra le sanità regionali. I nostri sforzi tendono a migliorare ancora la qualità in quelle regioni che secondo tutte le statistiche rappresentano eccellenze di livello europeo e alzare il livello delle regioni che sono rimaste indietro».