La Stampa 25.5.16
“Preferiva Jung a Freud. Visionario che anticipava il futuro come dimostrò con i calcolatori”
di Cesare Musatti
Bobi
 Bazlen aveva avuto un’esperienza psicanalitica negativa e ce l’aveva a 
morte con i freudiani, come me. Fu proprio lui che indirizzò Adriano 
verso Jung e Bernhard. Capisco benissimo che una personalità come quella
 di Adriano fosse attirata di più all’impostazione junghiana; anche 
perché Adriano era un individuo misticheggiante, fin troppo: egli 
credeva negli annunci, credeva nelle ispirazioni, credeva nei messaggi. 
Ed era anzi cosa particolarmente interessante, da un punto di vista 
psicologico, osservare questi fenomeni in un individuo come Adriano, il 
quale riusciva a mandare avanti, ed a far crescere, un’industria come 
l’Olivetti grazie ad un’antiveggenza particolare: sapeva quello che 
sarebbe capitato nel futuro.
Mi ricordo che quando Adriano decise 
di iniziare la produzione delle telescriventi io commentavo, tra me e 
me: «È matto, adesso si mette a fare le telescriventi! Ma che 
telescriventi d’Egitto! A chi possono interessare?». Avevo torto marcio.
 Pensavo sempre che Adriano facesse delle corbellerie e invece aveva 
sempre ragione. La stessa capacità di anticipare gli avvenimenti la 
dimostrò quando volle progettare i primi calcolatori. Erano macchinari 
mastodontici, manovrati da individui strambi, gente un po’ matta che 
diceva, a giustificazione dei continui malfunzionamenti delle 
apparecchiature: «No, oggi non funziona, il calcolatore è di cattivo 
umore...».
Parlavo spesso con quegli ingegneri e condividevo le 
loro preoccupazioni: «Cosa sarà successo in questi anni in America?» si 
interrogavano. «Magari hanno fatto le macchine calcolatrici elettroniche
 e hanno introdotto il sistema binario».
Allora studiai anch’io il
 problema ed ebbi un «assaggio» di quello che poi è effettivamente 
accaduto: l’avvento dell’elettronica.
Anche in quel campo Adriano 
aveva visto giusto. Si trattava di una forma di genialità difficile da 
interpretare anche psicologicamente. «Come faceva?» mi sono sempre 
chiesto. Adriano non era capace neanche di avvitare una vite! Era un 
ingegnere che di ingegneria sapeva nulla. Eppure aveva questa capacità 
di intuire quello che sarebbe accaduto: una cosa straordinaria. (...)
 
