martedì 24 maggio 2016

La Stampa 24.5.16
Giachetti ora ci spera
Squadra di sinistra, la Turco al welfare
Il premier sarà in piazza. Ma Fassina sbatte la porta
di Carlo Bertini

Può sembrare strano, ma c’è un’aria nuova nel Pd romano, fino all’altro ieri fiaccato dalla paura che la zavorra del passato non desse troppe chances di arrivare al ballottaggio. E invece complici gli ultimi sondaggi prima del congelamento a norma di legge, che fotografavano una frenata della Raggi e una crescita di Giachetti malgrado il rientro in campo di Fassina, la sensazione che «ce la possiamo fa’» si è diffusa fino ai piani alti. Tanto che Renzi potrebbe scendere nel parterre capitolino il 2 giugno, per dare una volata al suo uomo verso la agognata conquista del ballottaggio.
E con un tempismo degno di nota, Stefano Fassina fa sapere prima che Giachetti indichi la sua futuribile Giunta, che non lo appoggerà al ballottaggio: se lo avesse fatto dopo, qualcuno avrebbe potuto pensare che non si ritenesse soddisfatto dei nomi, che non fossero sufficienti i ponti gettati a sinistra. E invece no, il candidato di Si e degli antagonisti preferisce chiudere la saracinesca qualche ora prima, dicendo che non appoggerà nessuno: forse consapevole che tra le sue fila, nella sinistra di Sel, molti pur senza ammetterlo, sarebbero più che propensi ad intese più o meno strette per appoggiare Giachetti al ballottaggio e poi raccoglierne i frutti in caso di vittoria.
Nessun inciucio coi partiti
Questo anche se l’interessato, cioè il candidato Pd, non solo chiarisce di aver scelto la sua giunta «in piena autonomia» e dunque senza accordi con i partiti, ma va ripetendo che «io non farò nessun apparentamento, andrò al ballottaggio con quelli che mi appoggiano ora, nessun accordo o inciucio, e per questo annuncio la giunta subito». Come a dire che una volta scoperti i nomi i giochi sono fatti e dopo nessun accordo sulle poltrone sarà possibile e tecnicamente fattibile. Insomma nessuna tentazione. «Il mondo è rotondo e a forza di andare a sinistra ci si ritrova a destra: non appoggiare Giachetti al ballottaggio significa scegliere la Raggi», sentenzia Matteo Orfini con una tesi che sarà il refrain di tutta la resa dei conti a sinistra di qui a un mese. «Per noi le porte della ricostruzione del centrosinistra a Roma sono sempre aperte, perché questo ci chiedono gli elettori». Ma il candidato della sinistra usa la carta dell’economia. «Le distanze programmatiche con il Pd sono enormi. Giachetti propone di tornare alla Roma degli anni ’90 e 2000 che ha contribuito ad aumentare le diseguaglianze. Non ci sono le condizioni per una convergenza programmatica», sbatte la porta l’ex viceministro di Letta.
Segnali di fumo agli ex Pci
Peccato che per il popolo della sinistra, in caso di sfida all’Ok Corral con la Raggi, sarà difficile dire no a un ex comunista come Livia Turco, ex ministro dei governi Prodi-D’Alema, che Giachetti indica come assessore al welfare e immigrazione; o a tre ex assessori di Marino: Alfonso Sabella, capo gabinetto, presidio di tutte le firme di un’amministrazione a rischio come quella romana; Silvia Scozzese, bilancio e razionalizzazione della spesa del Campidoglio. Per non dire del segnale verso l’anima più attenta al sociale, lanciato con la riproposizione di Marco Rossi Doria, maestro di strada ed ex sottosegretario alla Istruzione, quale assessore alla scuola-università-formazione. Dunque sei donne e tre uomini, altro segnale preciso. Mentre sul fronte della legalità, cruciale dopo mafiacapitale, pure Carla Ciavarella, dirigente penitenziario, al patrimonio; e Francesco Tagliente, ex Questore di Roma, alla sicurezza. E poi Claudia Servillo, all’ambiente; Stefania Di Serio, trasporti; Marino Sinibaldi, per cultura e turismo. «Con questa squadra parlo ai romani e anche al popolo della sinistra e vediamo quale sarà la risposta», dice Giachetti. «Rispetto Fassina, ma sono più interessato agli elettori della sinistra romana».