La Stampa 24.5.16
Brasile, l’onda degli scandali su Temer
di Emiliano Guanella
A pochi giorni dall’impeachment di Dilma Rousseff, perché ieri si è dimesso un ministro del governo di Temer?
Tra
polemiche e passi falsi è iniziato in salita il governo del presidente
ad interim brasiliano Michel Temer. L’ultimo scandalo è di ieri, con
l’intercettazione di un dialogo di marzo fra il ministro di
programmazione economica Romero Juca e un ex direttore della Petrobras,
entrambi coinvolti nella maxi inchiesta di corruzione Lavajato, la “Mani
Pulite” brasiliana. Juca sosteneva la necessità di far cadere il
governo di Dilma Rousseff e stringere un patto con industriali e
militari per bloccare l’inchiesta in corso. È il copione del golpe
parlamentare che la stessa Rousseff e l’ex presidente Lula da Silva
denunciano da tempo e che, in effetti, è avvenuto poche settimane dopo,
con l’apertura del processo di impeachment e l’insediamento di Temer. Un
altro passo falso per il governo nell’occhio del ciclone. Criticato per
l’assenza di ministri donna e la presenza di indagati, come lo stesso
Juca, che ieri sera si è dimesso, Temer ha ceduto alla protesta di
numerosi artisti contro l’estinzione del ministero della Cultura,
ricreandolo dopo una settimana. Il tutto con una economia in crisi; il
governo deve presentare oggi in Parlamento la proposta per
l’innalzamento della meta di deficit per il 2016 a 170 miliardi di reais
(40 miliardi di euro), e un piano di tagli alla spesa pubblica che
colpiranno anche i programmi assistenziali ereditati dal governo del
Partito dei Lavoratori, come i sussidi per gli universitari. Si vuole
toccare poi il patto sul lavoro dando agli imprenditori maggiore
flessibilità su giornata e salari, misure osteggiate dai sindacati.
Mentre Temer, che ha ammesso di non temere l’impopolarità, prepara una
stagione da lacrime e sangue, il fronte giudiziario incalza. Ci si
chiede quale sarà il futuro dell’operazione Lavajato. Se dovesse
continuare colpirà anche i partiti del nuovo governo; in caso contrario,
correrebbe il rischio di avallare la tesi del complotto per far cadere
Dilma. Il giudice Sergio Moro ha ribadito ieri l’autonomia
dell’inchiesta. “La giustizia - ha detto - non è responsabile della
corruzione generalizzata; la nostra non è una telenovela a puntate, ma
un’inchiesta basata su fatti provati”. Fatti che complicano la fragile
vita del nuovo governo.