La Stampa 24.5.16
Vienna laboratorio d’Europa
di Cesare Martinetti
Alla
fine il vecchio professore ecologista Alexander Van der Bellen salva
l’Austria dal fantasma del suo passato nero incarnato dal 46enne Norbert
Hofer, un tecnico aeronautico col sorriso perennemente stampato in
volto. Ed è un esito paradossale: un uomo fuori dal sistema salva il
sistema, unendo i voti dei due partiti tradizionali di destra e
sinistra, usciti battuti nel primo turno elettorale. Ma è una vittoria
stretta: appena 31 mila voti di differenza. E nel cuore dell’Europa c’è
ora un Paese spaccato in due sul tema più drammatico: gli stranieri, i
migranti, i rapporti con l’altro. Le 90 mila richieste di asilo
registrate nell’ultimo anno (l’1 per cento della popolazione) sono state
uno choc per il Paese.
Il voto di domenica conferma e moltiplica
il vento antisistema che soffia sulle ruggini dell’Europa. A Bruxelles
hanno tirato un respiro di sollievo, ma Van der Bellen, 72 anni e una
salute - si dice - fragile, saprà e potrà fare argine a una dinamica
politica che sembra inarrestabile? Intanto l’uomo e la sua storia hanno
rappresentato la più radicale alternativa al candidato dell’estrema
destra. Il nuovo Presidente è un austero professore di economia, con
antenati olandesi migrati a Est, in Russia da dove la famiglia è stata
cacciata dopo la rivoluzione bolscevica.
Alexander è nato nel ’44
nel Reich da padre russo e madre estone. È cresciuto in Tirolo, divenuta
la sua «heimat». In queste elezioni si è presentato come indipendente
per evitare di apparire condizionato da un timbro di partito.
Le
sue prime parole sono state – com’è naturale – di riconciliazione
nazionale tra le «due Austrie». Certo il Paese ha rappresentato in
questo turno una sorta di laboratorio estremo di quanto sta avvenendo
nella politica europea. Intorno a Van der Bellen si è costituito quello
che in Francia si sarebbe chiamato un «fronte repubblicano» e cioè
l’unione dei partiti tradizionalmente avversari contro i «nemici della
repubblica». Come è successo nelle elezioni regionali di dicembre quando
per impedire la vittoria di Marine Le Pen e della nipote i socialisti
si sono ritirati dal secondo turno al Nord e nella regione di Marsiglia.
Ma
qui la situazione era diversa perché i candidati dei due partiti di
destra e sinistra non si erano qualificati per il ballottaggio. Dunque
Van der Bellen si è trovato solo alla sfida con Norbert Hofer che pur
rappresentava l’ala moderata di un partito l’Fpö che fu di Jörg Haider e
nel quale i nostalgici nazisti non hanno nessun imbarazzo a definirsi
tali.
L’anziano professore di economia, che è stato a lungo
parlamentare e viene da un partito come i verdi da molti anni integrato
nella politica europea, non può certo essere definito come un
rappresentante dell’antisistema. Però si è trovato a rappresentare per
difetto gli elettori delusi di socialdemocratici e popolari. Il
«sistema» di questi due partiti che hanno guidato l’Austria dal 1945
alternandosi al governo è di fatto saltato. E secondo un sondaggio il 70
per cento degli operai ha votato per il candidato dell’estrema destra,
mentre per Van der Bellen avrebbero votato più della metà dei giovani e
il 70 per cento dei laureati.
Una sconfitta storica per la
sinistra e le élites politiche tradizionali appena mascherata dal
successo di Van der Bellen. Prossimo appuntamento il referendum inglese a
giugno. Si apre una stagione decisiva nella storia dell’Unione europea.