martedì 24 maggio 2016

Corriere 24.5.16
«Il sollievo europeo fuori luogo Questi non sono solo episodi»
Il politologo Reynié: «Populisti pronti a governare, da Varsavia a Parigi»
intervista di Stefano Montefiori

PARIGI «La parola che ricorre più di frequente in queste ore è “sollievo”, l’ha usata anche il premier francese Manuel Valls. Mi pare una reazione totalmente inadeguata. I successi dei populisti non sono più episodi. Bisognerebbe scongiurarli elaborando una vera proposta politica, non esultando perché si è salvi per miracolo, grazie a qualche migliaio di voti in più». Dominique Reynié, 55enne politologo di Sciences Po (e candidato alle ultime Regionali per la destra dei Républicains), è autore di «Les nouveaux populismes» (Fayard), saggio di riferimento sui populismi europei.
Quel è il significato del voto austriaco per l’Europa?
«Mi sembra esemplare della situazione occidentale, considerando anche gli Stati Uniti di Trump. Il candidato del FPÖ sfiora il 50%, davanti a un candidato senza partito, ecologista ma indipendente, sostenuto in modo sia pure discreto da tutti gli altri, che tuttavia non supera a sua volta il 50%. È spettacolare, non siamo più all’80-20 di Chirac-Le Pen alle presidenziali francesi del 2002. Dopo i populismi che appaiono sulla scena, e che si rafforzano, siamo arrivati alla terza fase, quella dei populismi pronti a governare. In Ungheria, Polonia, Slovacchia, Austria — alle prossime legislative il FPÖ potrebbe conquistare la cancelleria — e perché no Francia, con Marine Le Pen nel 2017».
Sono saltate le barriere?
«A livello culturale sicuramente. E i partiti tradizionali non fanno che peggiorare le cose. La gioia, il sollievo nel commentare la vittoria in extremis di Alexander Van der Bellen danneggia l’unica cosa che ancora potrebbe aiutarci, ovvero il gioco democratico».
In che modo?
«I milioni di voti per i populisti vengono di fatto considerati illegittimi. Se i candidati hanno il diritto di presentarsi ma non di vincere, allora perché lasciarli partecipare? Questo disprezzo rafforza l’impressione, sbagliata ma sempre più diffusa, che la democrazia sia una farsa».
E l’Austria conferma che i populisti avanzano anche nei Paesi ricchi.
«Nel mio vocabolario distinguo tra due tipi di populismo, basati su patrimonio materiale e immateriale. Il primo dilaga nei Paesi in crisi economica, la gente vota in risposta alla disoccupazione, alla diminuzione del potere d’acquisto, in Grecia per esempio con Alba Dorata. È il populismo delle classi popolari. Ma è in crescita anche il populismo delle classi medie e superiori, legato a fattori culturali, immateriali: lo stile di vita, il rigetto della società multiculturale, la paura dei migranti. Per esempio, le aggressioni sessuali di Colonia in Austria hanno contato molto. Questo secondo tipo di populismo lo troviamo anche in Svizzera e in Norvegia, Paesi senza disoccupazione che neppure fanno parte dell’Unione Europea».
Come rispondono i partiti tradizionali?
«Con due errori gravissimi. Il primo, che risale agli anni Sessanta, è non avere preparato i cittadini alla società multiculturale, dandola per scontata. Così facendo, hanno lasciato il tema nelle mani dei populisti. Il secondo errore, più recente, è quello di essersi messi a imitare questi partiti».
In Francia lo ha fatto anche la sinistra al governo, riprendendo l’idea della revoca della nazionalità, vecchio cavallo di battaglia del FN.
«Una cosa incredibile. Una grande sconfitta ideologica, e una vittoria indubbia per i populisti. Copiarne le ricette significa ammettere la loro superiorità intellettuale, e legittimarli. I cittadini finiscono per preferire l’originale».
In Austria i socialdemocratici e i conservatori sono stati spazzati via al primo turno. Una crisi simile è prevedibile anche nel resto dell’Europa?
«Certamente. Guardiamo alla Grecia, alla Spagna, ma anche alla Germania, dove la SPD secondo i sondaggi è ridotta al 19% e dove la CDU di Merkel dovrà vedersela con l’estrema destra anti-immigrati del partito AFD».
Il prossimo trauma sarà Marine Le Pen presidente della Repubblica francese?
«È una partita aperta, e il clima culturale è già pronto. Guardate quel che è successo con lo stato di emergenza, la riforma della Costituzione: nessuno, a parte l’estrema sinistra, ha difeso le libertà. Un vero gruppo intellettuale liberale avrebbe dovuto insorgere, spiegare che in tempi straordinari come questi non si possono toccare le libertà fondamentali, la Costituzione... Niente. Silenzio assoluto».