martedì 24 maggio 2016

La Stampa 24.5.16
Guerra, armi, violenza
Il lato oscuro dei mattoncini
Secondo una ricerca i prodotti Lego sono sempre più aggressivi
L’azienda replica: “Il conflitto fa parte dello sviluppo dei bambini”
di Vittorio Sabadin

I mattoncini Lego sembrano il gioco più pacifico e innocente del mondo, ma una ricerca condotta dall’Università neozelandese di Canterbury ha evidenziato il loro lato oscuro: nel 30% delle scatole in vendita oggi nei negozi vengono ricreate situazioni violente e il numero delle armi disponibili per i vari personaggi aumenta di anno in anno. «I prodotti della Lego – dice il professor Christoph Bartneck, responsabile dello studio – non sono più innocenti come una volta e la violenza che rappresentano non è giustifica dalla necessità di migliorare l’offerta dei prodotti». La ricerca, pubblicata online da Plos One, ha studiato l’evoluzione dei kit della Lego dal 1973 al 2015. Nel 1978, nelle scatole che avevano per tema principesse e castelli, sono comparse per la prima volta asce, spade e lance, ma la presenza delle armi è poi dilagata. L’Università ha confrontato i cataloghi pubblicati dal 1973 e ha scoperto che attualmente il 40% delle pagine contiene qualche tipo di violenza, come sparare o minacciare qualcuno.
La difesa
Lego si difende rilevando che i nuovi prodotti non fanno altro che riflettere il trend nel divertimento dei ragazzi. «Il conflitto – dice il portavoce Troy Taylor - è una parte naturale dello sviluppo di un bambino. Molte delle armi contenute nelle confezioni devono servire a salvare il mondo, e spesso usiamo personaggi pieni di humour per abbassare il livello dello scontro». Lego stava per fallire nel 2003-2004 con i suoi mattoncini ormai un po’ fuori moda, quando si è inventata un nuovo filone basato sulla cultura popolare e sui film delle saghe di Star Wars, Batman e Harry Potter. La svolta ha funzionato, visto che ha prodotto undici anni consecutivi di crescita e che i ricavi del 2015 sono stati del 35% superiori all’anno prima.
L’allarme seguito alla pubblicazione della ricerca è apparso un poco esagerato. Il Telegraph di Londra ha titolato il suo articolo «Lego ha perso l’innocenza», ma ogni madre sa che i bambini adorano prendersi a botte e giocare alla guerra, agli indiani e ai pirati, infliggendosi immaginarie ferite e crudeli torture. Lo studio dell’Università di Canterbury ha però riaperto la discussione fra quanti pensano che i bambini vadano tenuti lontani dall’idea della guerra cominciando proprio dai giochi, e i non pochi esperti di pedagogia che invece ritengono che, per i maschi, giocare alla guerra sia uno dei modi migliori per sviluppare la propria personalità. Nancy Carlsson-Paige, docente di Educazione alla Lesley University di Cambridge, nel Massachusetts, sostiene giustamente che occorre bilanciare i bisogni dei bambini e i timori degli adulti, senza arrivare a proibizioni che incoraggerebbero solo le bugie e le dissimulazioni.
Dagli Anni 90, da quando cioè l’industria del giocattolo ha cominciato a realizzare in larga scala prodotti legati a programmi tv spesso di natura violenta, i bambini hanno quasi smesso di inventare i giochi di guerra e hanno iniziato a imitare quel che vedevano. «I piccoli – osserva la professoressa Carlsson-Paige – vedono continuamente aggressività intorno a loro, e giocare alla guerra può aiutarli in molti modi a metabolizzarla, a darle un senso e a renderla meno spaventosa».
Scambio di ruoli
Bisogna però che genitori e insegnanti li aiutino e li guidino: scambiarsi i ruoli di «buono» e «cattivo» rende consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni, e permette di capire i punti di vista degli altri, ma è necessario che gli adulti pongano dei limiti al perimetro della guerra dei bambini e li assistano sempre con opportune spiegazioni. Il gioco, inoltre, dà ai piccoli una sensazione di potenza quando si immedesimano in supereroi dotati di superpoteri, e li aiuta ad avere maggiore fiducia in se stessi.
Le spade laser di Luke Skywalker e di Dart Fener in duello sotto a un Millenium Falcon di mattoncini non potranno dunque fare più male ai bambini di oggi dei fucili e delle pistole dei soldatini di piombo dei loro bisnonni. Finché resta un gioco da bambini, la guerra può essere divertente. E certo fa loro meno danni delle ore passate davanti alla tv o a un computer.