martedì 24 maggio 2016

La Stampa 24.5.16
“Giuria scelta con criteri razzisti” Annullata una condanna a morte
La Corte Suprema Usa cancella una sentenza di omicidio del 1987
Nella lista dei candidati giurati, i neri erano indicati con una “B”
di Francesco Semprini

Tutto da rifare in merito a un caso di omicidio per cui il presunto responsabile era stato condannato alla pena di morte nel 1987. Tutto da rifare perché la selezione della giuria formata in occasione del processo di Timothy Tyrone Foster, incriminato per aver ucciso un’anziana donna bianca, era stata fatta con metodi e criteri discriminatori. Questo è quanto sostiene la Corte suprema degli Stati Uniti che, con sette voti a favore e uno contrario (il massimo organo giudiziario è ancora privo di uno dei suoi nove togati dopo la morte di Antonin Scalia) ha annullato ieri la sentenza di condanna a morte inflitta per l’assassinio di Queen White.
A quasi tre decenni di distanza l’avvocato di Foster, il cittadino afro-americano finito alla sbarra per la morte dell’anziana signora, è riuscito a provare che la giuria di allora, composta esclusivamente da 12 bianchi, fu selezionata con criteri razzisti. «La pubblica accusa è stata pilotata in parte da criteri di carattere discriminatorio», scrive il giudice John Roberts nella motivazione che accompagna la sentenza. E ciò perché nella selezione dei giurati sono stati deliberatamente esclusi potenziali candidati afro-americani.
Il massimo organo giudiziario americano ha basato la sua decisione su documenti e prove presentate dal legale di Foster, in particolare una lista di candidati giurati individuati per quel processo con una B davanti, ovvero identificati come «black» per indicare che erano neri. Tre di questi in particolare erano individuati con l’iscrizione B#1, B#2, B#3, ad indicare appunto la loro appartenenza in termini di razza. E in base a questa «da scartare» nel contraddittorio che permette a procuratori e avvocati di ricusare un certo numero di giurati. Come se non bastasse il procuratore dell’epoca aveva redatto anche una lista di sei persone da rifiutare a tutti i costi: cinque erano neri, il sesto era una donna notoriamente contraria alla pena di morte. Elementi sufficienti a dimostrare come si sia agito «in violazione delle disposizione previste dalla Costituzione», spiega il giudice Roberts nella motivazione, rimandando il caso alla Corte statale della Georgia che nel 1987 si era pronunciata sul caso. Stephen Bright, che si occupa della difesa di Foster, ritiene che serva un nuovo processo. Unica voce fuori dal coro dei togati è quella del giudice Clarence Thomas, lui stesso afro-americano ma di orientamento conservatore. Thomas rispetta il pronunciamento della Corte statale, si schiera dalla parte della pubblica accusa e respinge l’obiezione della difesa. Una decisione che si basa sulla stessa confessione fatta da Foster, il quale raccontò di aver ucciso la 79enne insegnante in pensione dopo averla violentata minacciandola con una bottiglia di vetro. Il ribaltamento della sentenza è in ogni caso destinato a far discutere un Paese che è alle prese con vicende spesso controverse legate a questioni razziale.