La Stampa 23.5.16
Da Vienna ultima chiamata per l’Europa
di Gian Enrico Rusconi
Il
«caso Austria» che ha preso tutti in contropiede nei mesi scorsi, va
verso un risultato sconcertante. Dovremo aspettare sino all’ultimo
scrutinio per sapere chi sarà il vincitore. Ma lo sarà - con tutta
verosimiglianza - di strettissima misura.
Eppure il risultato
oggettivo della consultazione è chiaro. Il candidato dell’estrema destra
Norbert Hofer, qualunque percentuale ottenga, non ha raggiunto
l’obiettivo di avere con sè la grande maggioranza degli elettori nella
sua politica di chiusura verso i migranti. Ma il verde Van der Bellen,
capo della coalizione «progressista» , ha davanti a sé un compito
difficilissimo anche se dovesse uscire vincente. Gli elettori austriaci
sono spaccati a metà.
Il campanello d’allarme del grave e ancora
irrisolto problema della migrazione di massa in Europa e delle paure che
ha creato, continuerà a suonare forte. Il fenomeno della migrazione da
problema colpevolmente ignorato e rimosso, è diventato in meno di un
anno la questione cruciale per la governabilità interna, nazionale. E
per la governabilità della stessa Unione europea. Il «caso Austria»,
visto nella sua genesi e nelle modalità con cui si sta sviluppando, deve
convincere tutti i governi europei a trovare subito un’intesa che eviti
la polarizzazione distruttiva e sterile della popolazione.
è
inutile riandare ora agli errori commessi dal governo di «grande
coalizione» austriaco nei mesi scorsi, pagati poi con una umiliante
sconfitta elettorale. Preso alla sprovvista, ha tardivamente e malamente
reagito alle preoccupazioni crescenti nella gente per una presunta
invasione di migranti prospettando la decisione della chiusura del
Brennero. Questa proposta, meditata o imprudentemente minacciata che
fosse, ha dato all’intera questione una dimensione simbolica e storica
eccezionale. Ha colpito e ferito la prospettiva che sembrava realizzata
di una «regione europea» che comprendesse Tirolo austriaco, Alto
Adige/Sudtirolo e Trentino. Ha sollevato verso l’Italia accuse di
inadempienza dei patti di controllo della migrazione, riattivando vecchi
risentimenti storici. Quello che maggiormente ha disturbato e
amareggiato è stato (ed è tuttora?) il sospetto reciproco tra Roma e
Vienna. Un sentimento a stento nascosto dalla cortesia diplomatica.
Tutto questo ora va rimosso. E naturalmente l’Italia, indirettamente
coinvolta nel caso austriaco, deve smentire una volta per tutte nei
fatti la cattiva fama di essere poco affidabile negli impegni presi.
Ma
è soprattutto la Commissione europea che deve riguadagnare la sua
autorevolezza per imporre a tutti gli Stati i doveri di accoglienza
regolata e controllata, secondo le regole condivise. I governi nazionali
devono avere il coraggio di accettare e applicare queste regole, a
costo di qualche perdita di popolarità pur di evitare fratture
insanabili all’interno della popolazione.
Torniamo all’Austria,
alla sua posizione geopolitica e alla prossimità con un altro confine,
quello tedesco che non a caso da qualche tempo è rafforzato nei
controlli dichiarati di routine. Il governo tedesco nei mesi scorsi,
anche davanti alla minacciata «chiusura» del Brennero, non ha avuto
sempre un comportamento limpido. Non è mancato il sospetto di una certa
tollerante connivenza presso qualche politico influente, che avrebbe
portato vantaggi anche alla politica di controllo delle frontiere
tedesche. Ci aspettiamo che tutta l’area geopolitica che guarda alla
Germania (e che un tempo si fregiava con orgoglio di appartenere alla
civiltà della Mitteleuropa) si metta decisamente sulla strada
dell’accoglienza della migrazione ordinata ma efficace nel quadro
europeo.