lunedì 23 maggio 2016

La Stampa 23.5.16
Il peso delle forze anti-sistema un’incognita sul futuro della Ue
Da Roma a Madrid, da Parigi a Berlino: nei prossimi mesi elezioni-chiave
di Marco Bresolin

La data cerchiata in rosso sull’Eurocalendario ora è certamente quella del 23 giugno, quando i cittadini britannici voteranno per uscire (o rimanere) nell’Unione Europea. La libertà riconquistata, per qualcuno. L’inizio della fine, per altri. Certamente uno spartiacque nella storia dell’Ue, che ormai da mesi vede intensificarsi il dibattito sulla necessità di rifondare se stessa. Ma quella del 23 giugno non è l’unica data-chiave per capire che aria tira tra gli elettori del Vecchio Continente. Ce ne sono state già diverse, in questa prima parte del 2016. Hanno mandato segnali chiari, con una forte critica al «sistema». E ce ne saranno altre nei prossimi mesi, fino a due grandi appuntamenti elettorali del 2017: si vota in Francia e Germania. I due Paesi che, secondo l’ex presidente della République Nicolas Sarkozy (pronto a tornare in campo), dovranno prendere in mano il futuro dell’Unione e porre le basi per un nuovo trattato. Una Schengen-2 che tenga conto delle esigenze attuali dell’Europa, che sono diverse da quelle degli Anni Novanta. Concorrenza e soprattutto immigrazione sono i due grandi temi che andranno affrontati per dare una risposta a tutti quegli elettori che, voto dopo voto, stanno dimostrando di non credere più in questa Europa e nei suoi partiti tradizionali.
L’onda nera
A partire da luglio il semestre europeo sarà guidato dalla Slovacchia, Paese che il 5 marzo scorso ha visto la riconferma del premier Robert Fico. Di estrazione socialdemocratica, certo, ma sicuramente uno dei più rigidi capi di governo sul tema immigrazione. Lo chiamano l’«Orban di sinistra», perché con il premier ungherese condivide la politica anti-migranti. Ha vinto le elezioni, ma senza avere la maggioranza. Gli elettori si sono spostati su posizioni ancor più radicali, premiando il Partito Popolare Slovacchia Nostra del «Duce» Marian Kotleba (così si fa chiamare il governatore, che spesso gira vestito con un’uniforme militare), schizzato dall’1% all’8%. Ha un volto più «presentabile» la nuova destra tedesca di Frauke Petry, leader dell’Afd, in costante ascesa grazie all’ottimo risultato alle regionali del 13 marzo.
La mini-Brexit
In quelle settimane è arrivato anche l’esito di un referendum simbolicamente molto importante. L’Olanda ha rigettato l’accordo tra l’Ue e l’Ucraina: un messaggio che va (anche) letto in chiave anti-europea.
Da Roma a Madrid
Ora, dopo il voto in Austria che ha spazzato via i partiti tradizionali, il mese di giugno diventerà una cartina di tornasole. Si parte proprio in Italia, con le elezioni amministrative che coinvolgeranno - tra le altre - cinque grandi città. Il Movimento 5 Stelle se la gioca a Torino e soprattutto a Roma. È chiaro che il Campidoglio nelle mani dei grillini sarebbe visto con una certa preoccupazione dalle parti di Bruxelles, nonostante l’aspetto rassicurante della candidata Virginia Raggi. Da Roma a Madrid, la città che cinque anni fa ha visto nascere gli Indignados, c’è un altro movimento che si prepara a fare il grande salto nella stanza dei bottoni. A dicembre l’avanzata di Podemos ha mandato in tilt il bipolarismo spagnolo (socialisti-popolari), anche grazie al buon risultato del nuovo partito centrista Ciudadanos. Per questo il prossimo 26 giugno si riapriranno le urne. I sondaggi prevedono uno scenario identico, per questo Podemos è stato il primo a fare una mossa per muovere la situazione. Un’alleanza con l’estrema sinistra di Izquierda Unida permetterebbe al movimento di Pablo Iglesias di conquistare il secondo posto e compiere uno storico sorpasso sui socialisti. Vedremo come andrà a finire.
Berlino e l’Eliseo
La seconda parte del 2016 non regalerà grandi fremiti sul piano elettorale (si voterà in Lituania e Romania), ma Francia e Germania entreranno nel vivo delle rispettive campagne elettorali per il 2017. Il Front National di Marine Le Pen sta con il fiato sul collo dei socialisti e dei repubblicani francesi. A Berlino, invece, l’onda Afd sta creando più di una preoccupazione ad Angela Merkel. E a gran parte d’Europa.