La Stampa 23.5.16
Trionfa la passione sociale di Ken Loach
“Il cinema deve dare voce a chi non ce l’ha”
Il regista inglese con “I, Daniel Blake” vince la sua seconda Palma d’oro a 79 anni
di Fulvia Caprara
La
battaglia per la sopravvivenza in una società che calpesta i diritti
dei più deboli, i sentimenti che danno senso all’esistenza umana, il
cinema d’autore che può permettersi fantasiose acrobazie grazie alla
forza della messa in scena.
Il 69esimo Festival si chiude nel
segno della passione, con il discorso di Ken Loach che con I, Daniel
Blake guadagna la seconda Palma d’oro della sua lunga carriera (la
prima, dieci anni fa, per Vento accarezza l’erba) e lancia, dal
palcoscenico dorato del gala di chiusura, sull’onda di una convinta
standing ovation, il suo appello lucidamente politico: «Il cinema ha
molti meriti, tra questi c’è quello di dare voce a chi non ce l’ha. Il
mondo sta attraversando una fase pericolosa, è in atto un disegno di
austerità e di neoliberismo che rischia di causare catastrofi, in una
società fatta di pochi ricchi e moltissimi poveri... Dobbiamo invece
dare un messaggio di fiducia, un altro assetto è possibile, e,
soprattutto, è necessario».
Prima di lui, l’enfant prodige
canadese Xavier Dolan, Gran premio della giuria per Juste la fin du
monde, pronuncia, tra le lacrime, un ringraziamento che è anche una
personalissima confessione: «Faccio cinema per essere amato e accettato,
senza compromessi, e senza cadere nelle tentazioni facili, la mia
battaglia continua perché, come dice Anatole France, preferisco «la
follia delle passioni alla saggezza dell’indifferenza».
Diviso in
due, con un ex aequo che ha provocato molti «buu» nel pubblico dei
giornalisti, il premio per la regia va a Cristian Mungiu che, in
Bacalaureat, descrive la società rumena affetta dal germe della
corruzione, e al francese Olivier Assayas che, in Personal Shopper,
racconta una storia di fantasmi affidandosi al talento della
protagonista Kristen Stewart.
Accolto da bordate di fischi alla
proiezione stampa, Assayas vive, piuttosto stupito, la sua inattesa
rivincita. Se doveva esserci premio, doveva andare alla sua attrice e
forse anche lui ne è consapevole. Al Cliente dell’iraniano Asghar
Farhadi vanno due riconoscimenti, per la sceneggiatura e per
l’interpretazione del protagonista Shahab Hosseini: «Ringrazio Dio per
avermi dato la possibilità di vivere questa serata e ringrazio mio padre
che sta in Paradiso, sperando che la sua anima sia felice».
La
migliore attrice è Jaclyn Jose, protagonista di Ma’ Rosa del filippino
Brillante Mendoza che si immerge nei bassifondi di Manila per descrivere
l’avventura di Rosa, arrestata perché vende droga, e dei suoi figli che
cercano i soldi necessari a farla uscire di prigione. Il favorito
American Honey dell’inglese Andrea Arnold, cronaca, a tratti
documentaristica, della vita di strada di ragazzi americani senza
aspirazioni e senza futuro, guadagna il Premio della giuria consegnato
da Vanessa Paradis alla regista molto su di giri, che si presenta sul
palco quasi a passo di danza.
Smentendo le previsioni più
accreditate fra gli addetti ai lavori, la giuria ha premiato film che si
collocano esattamente all’opposto del genere praticato dal presidente
George Miller, regista australiano della tetralogia di Mad Max e premio
Oscar per il film d’animazione Happy Feet. Una consuetudine che a Cannes
si ripete spesso, come se gli autori del cinema più popolare sentissero
il bisogno di riscattarsi laureando film di tutt’altro tenore.
Stavolta,
certo, le scelte erano particolarmente difficili, i film in gara
meritevoli di trofei erano numerosi e per qualcuno, come Julieta di
Pedro Almodovar, resta un po’ di amaro in bocca. Tra i momenti più caldi
della serata la consegna della Palma d’onore a Jean Pierre Leaud:
«Stasera - dice l’attore in un tripudio di occhi lucidi - sto provando
la stessa gioia di quando Truffaut mi disse di avermi scelto per
interpretare I 400 colpi». Dopo la dimostrazione di forza di questa
edizione, i vertici del Festival sono pronti per affrontare il traguardo
dei 70 anni, seguendo l’invito del vincitore Loach: «Cannes è
importante per il futuro del cinema, per favore rimanete forti».