La Stampa 22.5.16
Un’agenda per i diritti e le libertà
di Vladimiro Zagrebelsky
Quando
il premier britannico Cameron ha detto che l’uscita del Regno Unito
sarebbe l’inizio di una disgregazione dell’Unione Europea, che
riproporrebbe il rischio di guerre europee, si può sperare che abbia
esagerato il pericolo.
Ma è certo che egli si rifaceva a una
storia di conflitti che il processo di unificazione europea ha chiuso,
ormai da ininterrotti settant’anni. Un tempo di pace mai così lungo
nella storia. Fin dall’inizio, alla fine degli Anni 40, i grandi che
immaginarono il percorso avevano ben chiaro lo scopo di rendere
impossibile la guerra in Europa, operando su due terreni. Il primo era
quello dello sviluppo e dell’integrazione economica, il secondo quello
di una «unione sempre più stretta» nella protezione dei diritti e delle
libertà fondamentali. Quest’ultimo fu in verità il primo nel tempo, con
la fondazione del Consiglio d’Europa e l’approvazione della Convenzione
europea dei diritti umani. L’armonizzazione dei diversi sistemi statali
nella difesa dei diritti fondamentali è indicata come scopo comune nei
preamboli e nei testi di tutti i principali trattati su cui l’Unione
Europea si fonda. Accanto al richiamo ai diritti e alle libertà, fin
dall’inizio si affermò che era essenziale operare sul terreno della
cultura comune. A insistere in tal senso fu in particolare lo spagnolo,
oppositore del franchismo, Salvador de Madariaga, che già nel 1948, nel
congresso da cui nacque il Consiglio d’Europa, sostenne che le
istituzioni europee non avrebbero vissuto se non avessero potuto contare
su un coerente tessuto culturale europeo. Ne nacque il Collegio
d’Europa di Bruges e poi lo straordinario programma Erasmus, che ha
mosso e fatto studiare in Europa migliaia di giovani. Ora assistiamo al
risorgere di nazionalismi che si credevano scomparsi, che rivendicano
talora immaginarie identità esclusive e pretendono sempre più ampi
margini di discrezionalità, per differenziarsi anche nel campo dei
diritti fondamentali. Ma la realtà europea fatta di scambi personali e
culturali, stili di vita che consentono di sentirsi a casa anche fuori
del Paese di origine, si può credere che sopravvivrebbe persino alla
definitiva crisi delle istituzioni europee.
È così che ha senso la
doppia cittadinanza riconosciuta a noi europei, quella dello Stato di
origine e quella dell’Unione Europea. Ma va meglio sviluppata una comune
visione dei diritti e delle libertà fondamentali, nella nozione che
storicamente è nata in Europa. Una più profonda armonizzazione nel campo
dei diritti e delle libertà individuali renderebbe concreto e ricco di
significato il fatto legale e fisico dell’abolizione delle frontiere
interne. Tanto da rendere impraticabile e intollerabile l’idea che
possano essere ricostituite. Ma occorre che i diversi livelli e modi di
protezione dei diritti in Europa non producano differenze tanto profonde
da spingere a cercare altrove la tutela che la legislazione del proprio
Paese non assicura. E’ ciò che è avvenuto fin quando l’Italia negava
ogni riconoscimento alle coppie omosessuali; matrimoni ammessi in altri
Stati europei e figli conseguenti dovevano poi, con difficoltà e
polemiche, essere in qualche modo riconosciuti. Il libero movimento
delle persone e il diritto di stabilimento in ogni Stato dell’Unione
impedivano una compartimentazione insensibile a realtà costituitesi
altrove.
La recente legge sulle coppie omosessuali rappresenta un
importante passo avanti, non solo per il riconoscimento di diritti a
persone cui finora erano negati, ma anche per l’integrazione dell’Italia
nel contesto europeo. Certo vi sono ancora questioni che non possono
rimanere senza risposta, come quelle che attengono alla fine della vita.
Ha senso che italiani debbano trasferirsi in altri Stati europei per
veder riconosciuto il loro diritto all’autodeterminazione? Ora il tema
sembra venga messo in discussione in Senato. Tema difficile, ma
ineludibile. Vi sono anche altre questioni gravi da affrontare, ma
intanto si sono fatti passi avanti.
È previsto un incontro di
leader socialisti europei. Il governo italiano si appresta a presentare
un documento diretto ad affrontare i problemi economici e quelli legati
alle immigrazioni. La credibilità acquisita con la legge sulle coppie
omosessuali e l’inizio della discussione di una legge su aspetti del
fine vita, potrebbe consentire al governo di farsi promotore anche di
una iniziativa, parallela all’altra, che, spingendo verso
l’armonizzazione dei diritti e delle libertà individuali in Europa,
renda irreversibile la realtà dell’idea d’Europa, sul piano decisivo
della vita degli europei.