La Stampa 21.5.2016
Davigo: magistrati uccisi perché chi delinque trovò sponde nello Stato
Il pm Nordio: spero non si riferisca a Mori. Gelo del governo
di Grazia Longo
Ventisette
giudici vittime della mafia o del terrorismo. Ma non solo. Piercamillo
Davigo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, punta il dito
anche contro il sostegno di alcuni organismi dello Stato. «L’Italia è
l’unico Paese in Europa in cui sono caduti per mano della criminalità
così tanti magistrati - ha affermato ieri durante la premiazione di un
concorso sulla legalità in un liceo pugliese - e su questo ci dovremmo
interrogare. Ma il motivo è uno ed è accaduto perché chi delinque ha
trovato sponde in alcuni apparati dello Stato». Considerazioni che
suscitano perplessità nell’ex vice ministro alla Giustizia, Enrico
Costa, attualmente titolare del dicastero agli Affari regionali.
«Ritengo che quelle di Davigo siano parole molto forti - stigmatizza
Costa - a cui mi auguro seguano delle prove. Da magistrato qualificato
qual è, il presidente Anm non può non rendersi conto della necessità di
presentare delle prova a sostegno delle accuse che rivolge ad esponenti
dello Stato».
Critico anche il procuratore aggiunto di
Venezia Carlo Nordio: «Voglio sperare che le affermazioni di Davigo non
siano legate alla recente assoluzione in appello del generale Mori,
sentenza che potrebbe influenzare il processo sulla trattativa
Stato-mafia. Sono certo che nessun apparato dello Stato abbia mai
favorito in alcun modo la mafia o il terrorismo. Le parole di Davigo
alimentano sfiducia nelle istituzioni e sono quanto meno singolari
perché provengono da una persona che enfatizza molto il carattere etico
dello Stato».
Ma secondo Davigo il record di vittime tra i
magistrati è un’anomalia tutta italiana. E il motivo è da ricondurre
proprio al fatto che «in altri Paesi le organizzazioni che delinquono
sanno che avrebbero contro tutto lo Stato». In Italia, invece, è andata
diversamente: «Non succede in nessun Paese europeo che ci sia un numero
così alto di magistrati uccisi, anzi non c’è ne sono mai. Nemmeno in
Irlanda o Spagna che hanno avuto forme di terrorismo devastanti».
L’ex
pm di Tangentopoli, sempre di fronte agli studenti, evidenzia inoltre
come «la differenza tra la Repubblica e Cosa nostra sia il rispetto
della legalità». E ancora: «L’articolo più importante della Costituzione
è il numero 2, che riconosce e tutela i diritti inviolabili dell’uomo e
la giustizia è uno di questi diritti. La Costituzione, insieme alle
convenzioni internazionali, garantisce che la Repubblica non può
compiere atti contrari ai diritti umani e questo è un motivo del quale
essere orgogliosi, per il quale si può morire e la magistratura ha
pagato un tributo alto». Con orgoglio il presidente dell’Anm conclude:
«Valeva la pena diventare magistrato».