La Stampa 20.5.16
I terroristi attaccano Londra ma è il 1913
Edgar Wallace anticipò in un romanzo gli incubi di oggi, dalla paura degli attentati alle leggi speciali
di Paolo Bertinetti
È
sorprendente come in un suo libro di oltre cento anni fa, La Quarta
Peste, Edgar Wallace anticipi temi e paure di oggi, dall’azione
terroristica di cellule segrete alla guerra batteriologica, dal ricatto
allo Stato alla proposta di leggi speciali.
Il prologo della
vicenda si svolge in Toscana, ma non in quel di Arezzo, bensì a Siena,
dove il conte Festini dirigeva le attività della sezione locale di
un’organizzazione segreta, La Mano Rossa, che dall’Italia meridionale si
era estesa al Nord. Dopo che l’attentatore che voleva far saltare il
treno Roma–Firenze era stato arrestato e aveva confessato, era stato
facile risalire al conte Festini. Il quale, invece di fuggire
all’estero, si era sparato. Altri tempi: siamo infatti nell’Italia di
fine Ottocento, non in quella della P 2 di pochi decenni fa.
Dopo
il prologo italiano la vicenda si sposta in Inghilterra, a Londra e
nella lussuosa dimora nella campagna inglese di Sir Ralph, giudice
severissimo e appassionato collezionista di antichi cimeli. In
quell’uggiosa Inghilterra così lontana dalla solare Toscana, La Mano
Rossa sta mettendo a punto una micidiale operazione. Per la verità la
cosa è decisamente fantasiosa, degna di Dan Brown. Si immagina infatti
che all’interno di un medaglione (che fa parte della collezione di Sir
Ralph) ci sia la ricetta escogitata da Leonardo Da Vinci per creare
sinteticamente lo stesso bacillo della peste che un tempo aveva
annientato un terzo della popolazione europea. Il capo della Mano Rossa
in Inghilterra, il figlio del suddetto conte Festini, al comando di un
gruppo di italiani, riesce a impossessarsi del medaglione e a creare in
laboratorio decine di fiale contenenti il bacillo della peste.
Il
motivo di interesse della vicenda sta nel fatto che l’organizzazione
segreta ricatta il governo di Sua Maestà. Sui muri di Londra appaiono
infatti i manifesti in cui La Mano Rossa annuncia di avere chiesto al
governo dieci milioni di sterline e un salvacondotto per i suoi membri.
Se entro dieci giorni non si provvederà ad accogliere tali richieste, il
bacillo della peste verrà diffuso in tutta Londra. Il libro è
concentrato sul modo in cui l’investigatore italiano, chiamato tempo
prima dal governo inglese per indagare sulle attività criminali della
Mano Rossa, il professor Tillizini, uno studioso con licenza di
uccidere, svolge le sue indagini per scongiurare la minaccia della Mano
Rossa.
Per chi lo legge oggi colpiscono di più, per la loro
attualità, i meccanismi che tale minaccia riesce a scatenare.
L’organizzazione segreta, che in questa circostanza agisce come un
gruppo terroristico, ricatta un governo e un intero Paese. Il
Parlamento, costretto a discutere sull’opportunità di cedere al ricatto,
dignitosamente decide di no. Ma si interroga anche sulla necessità di
promulgare leggi speciali per combattere i terroristi; e almeno una
leggina per concedere la licenza di uccidere all’investigatore italiano
in effetti l’approva.
Infine, nell’ultima e decisiva fase,
l’esercito viene mobilitato a fianco delle forze di polizia. Tillizini
rivolge un nobile discorso ai parlamentare inglesi, lodandone la volontà
di non superare i confini posti dal rispetto dei principi democratici.
Nella lotta al terrore, come tragicamente ci ricordano le cronache di
oggi, il problema si pone in termini non molto diversi. E non molto
diverso è lo stato d’animo di paura e di insicurezza che la minaccia
determina nella popolazione. Dobbiamo sperare che i Tillizini di oggi
riescano a scongiurarla.