Il Sole 20.5.16
Libertà, chiave dell’economia
di Guido Gentili
Alla
fine se n’è andato con un “grazie”, lasciando la sua soffitta nel cuore
di Roma, a due passi da Fontana di Trevi, e avendo come solo orizzonte
un fulmineo, e pietoso, ricovero. Quell’unica parola, “grazie”, gli
dovrebbe essere ora tributata dalla comunità civile e politica, senza
distinzione alcuna.
Grazie Marco Pannella per esserci stato, per
aver fatto politica come l’ha fatta: a tutto campo, nel quartiere che
amava, per strada, in giro per il mondo, negli appuntamenti di partito
così come nelle aule parlamentari, a Roma e in Europa. Senza riserve,
senza risparmiarsi, con una passione autentica e mai ipocrita, facendo
pensare e discutere davvero.
Pannella è un caso irripetibile e
incomprimibile. Pannella è Pannella, e anche la storia, per la quale ha
scritto col movimento dei Radicali pagine memorabili in tema di libertà e
diritti, dovrà prenderne atto, evitando di etichettarlo. La sua
biografia personale e politica è un fiume in piena, padre abruzzese,
madre francese, uno zio monsignore (Don Giacinto, l’unico della famiglia
«con interessi culturali», spiegò), una serie infinita di successi e
insuccessi politici dagli anni ’50 ad oggi. Fondatore e Rottamatore, di
politiche e uomini. Parlatore instancabile, brillante e noioso:
straordinarie certe sue Conversazioni della domenica alle 17 su Radio
Radicale con lo storico direttore Massimo Bordin, tra sbuffi di fumo,
ira e pazienza. Digiunatore per protesta (ma al lottatore e propositore
politico questa parola non piaceva). Divagatore astuto quando
necessario. Realista e sognatore. Tutto insieme, divorato dalla
sigarette e dalla politica. E personalmente indifferente al denaro come
l’Enrico Cuccia tratteggiato da Indro Montanelli. Il che, nella politica
e nella finanza, è un dato che si fa apprezzare.
In economia il
suo maestro fu Ernesto Rossi, uno dei padri del Manifesto di Ventotene
per l’Europa federalista. Rossi era un antimonopolista ruggente –
compreso quello sindacale - e fustigatore del capitalismo assistito.
Cose da sinistra liberale, come può dirsi in parte di Pannella, il quale
però faceva riferimento (anche) alla Destra storica. Nella ventata
referendaria del 2000 in cui si proponeva anche l’abrogazione dell’art.
18 dello Statuto dei lavoratori (venti referendum proposti, solo 7
ammessi dalla Cassazione, nessuno passato) c’è tutto il
liberal-riformismo di Pannella e ed Emma Bonino. Che alla fine – come
era avvenuto e continuò ad avvenire in seguito anche per il debito
pubblico - restarono però soli. Nel 2000 Silvio Berlusconi e i suoi
alleati non se la sentirono di affondare il colpo. Ma a vedere lungo sui
cambiamenti della società, allora come negli anni Settanta, a partire
dalla battaglia per il divorzio, furono i Radicali, nessun altro.
Grandissimo,
Pannella, lo è stato però anche nei difetti. Ieri Daniele Capezzone,
allievo importante della scuola politica (d’eccellenza) radicale, oggi
parlamentare dei Conservatori e Riformisti, ha scomodato il filosofo
Schopenhauer e “Il mondo come volontà e rappresentazione”:
“un’affermazione potente e assoluta di volontà, di soggettività, di
riconduzione della realtà a ciò, e solo a ciò, che un uomo – in questo
caso, lui, Marco- voleva e vedeva”. Esagerazioni? No. Ha scritto un
radicale doc come Massimo Teodori: Pannella “ha vissuto l’azione
politica come la forma più nobile di realizzazione della sua stessa
personalità, fortissima e strabordante, e attraverso essa ha tracimato
in tutte le direzioni”.
D’altra parte Pannella è stato anche “Il
signor Hood” della canzone che Francesco De Gregori gli dedicò molti
anni fa: “Era un galantuomo sempre ispirato dal sole, con due pistole
caricate a salve e un canestro pieno di parole”. Oggi da quel cesto ne
tiriamo fuori solo una: grazie.