il manifesto 20.5.16
Lieberman alla Difesa vuole la pena di morte per i “terroristi”
Israele.
Con un colpo a sorpresa il premier Netanyahu rinuncia all'alleanza con
il laburista Herzog e sceglie per uno dei ministeri più delicati,
responsabile per i Territori palestinesi occupati, un esponente della
destra più radicale
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Con Avigdor Lieberman alla Difesa gli israeliani «andranno nei rifugi
anti-bomba». È questo uno dei titoli che il quotidiano liberal Haaretz
dedicava ieri alla scelta, non ancora ufficiale, fatta dal premier
Netanyahu di nominare nuovo ministro della difesa uno degli esponenti
della destra più radicale. Un esponente politico che qualche anno fa
fece notizia in tutto il mondo per aver chiesto il bombardamento atomico
della diga egiziana di Aswan. Dovranno però preoccuparsi molto di più i
palestinesi, specialmente quelli di Gaza, che non hanno neanche rifugi
dove cercare riparo. Lieberman, nel 2014, quando era ministro degli
esteri, contestò quella che definiva la «politica arrendevole» del
governo nei confronti di Gaza e di Hamas. Non riuscì a soddisfarlo
neppure l’operazione militare “Margine Protettivo” (2.200 palestinesi
morti e migliaia di case distrutte). L’anno scorso Lieberman, leader del
partito Yisrael Beitenu, restò fuori dalla coalizione perché il primo
ministro non si era detto disposto ad accettare tutte le sue condizioni.
Un
anno dopo Netanyahu quelle condizioni si è detto pronto ad accoglierle
pur di avere Lieberman nel governo e di rafforzare con altri sei seggi
la sua risicata maggioranza alla Knesset. Oltre al ministero della
difesa, il capo di Yisrael Beitenu ha ottenuto il via libera del Likud,
il partito di Netanyahu, alla pena di morte per i «terroristi»,
palestinesi naturalmente. Arutz Sheva, l’agenzia d’informazione del
movimento dei coloni israeliani nei Territori occupati, ieri commentava
con evidente soddisfazione che l’accordo di governo prevede che le corti
militari potranno decidere la condanna a morte di un “terrorista” con
il voto favorevole di due giudici su tre. Dalla sua fondazione Israele
ha applicato la condanna a morte soltanto una volta, nei confronti del
nazista Adolf Eichmann.
Qualcuno in queste ore scrive e spiega,
anche all’estero, che Netanyahu avrebbe fatto una scelta di convenienza
per rafforzare la maggioranza e per saldare i conti con il ministro
della difesa uscente e suo compagno di partito Moshe Yaalon, anche lui
un falco che però sembra credere nel rispetto delle regole, almeno in
certe circostanze. Di recente Yaalon ha chiesto la condanna del sergente
Elor Azaria responsabile dell’uccisione a sangue freddo di un
palestinese a Hebron e si è schierato dalla parte del vice capo di stato
maggiore Yair Golan che aveva criticato pubblicamente l’intolleranza e
gli sviluppi autoritari e antidemocratici all’interno della società
israeliana. Cacciando Yaalon, il primo ministro ritiene di aver anche
colpito quella parte dei vertici militari che lo aveva biasimato per
aver attaccato frontalmente il presidente Usa Barack Obama favorevole
all’accordo sul programma nucleare iraniano. Invece la scelta di
Netanyahu si inserisce pienamente nel solco ideologico della destra
ultranazionalista alla quale anche lui appartiene sia pure con un
linguaggio diverso da quello usato da altri rappresentanti di questa
parte politica. Il premier era davanti a un bivio. Poteva scegliere
l’alleanza con il laburista Isaac Herzog – che, peraltro, ha sterzato a
destra anche lui negli ultimi mesi – sapendo però che ciò lo avrebbe
costretto a ridimensionare il peso nella coalizione di un altro alleato,
il ministro nazionalista religioso Naftali Bennett, un leader dei
coloni israeliani, e a dover accettare l’idea di una ripresa dei
negoziati con i palestinesi forse sulla base dell’iniziativa diplomatica
francese che sta cercando di silurare.
Ha perciò scelto
Lieberman, un alleato scomodo, imprevedibile ma ideologicamente e
politicamente vicino, al quale sarà affidato il compito di “governare” i
Territori occupati e quattro milioni circa di palestinesi. Non
sorprende che Casa ebraica, il partito di Naftali Bennett, abbia
esultato sottolineando che il nuovo esecutivo «sarà il governo più a
destra nella storia di Israele». La nomina di Lieberman a ministro della
difesa potrebbe ora indurre il partito Fatah del presidente Abu Mazen e
Hamas a realizzare quella riconciliazione nazionale palestinese tante
volte annunciata e mai realizzata. Di sicuro spingerà i palestinesi a
puntare con ancora più decisione sull’intervento dell’Onu e della
diplomazia internazionale, anche se la speranza di ottenere risultati è
ridottissima. «Questa decisione israeliana – ha commentato il ministero
degli esteri dell’Anp – è la risposta di Netanyahu agli sforzi
diplomatici francesi e internazionali e regionali e invia un
messaggioforte al mondo che Israele preferisce l’estremismo, il
perpetuare l’occupazione e la liquidazione della pace».