La Stampa 19.5.16
Nuove tesi su Stonehenge luogo di culto o guarigione
Al Politecnico di Milano i risultati degli studi con il magnetismo
di Stefano Rizzato
Le
pietre enormi e fiere, dritte di fronte all’orizzonte, allineate con il
sole in ogni solstizio d’estate, hanno generato decine di teorie e
leggende. Ma la loro storia è ancora tutta da scrivere. E’ diventata di
colpo un enigma ancora più grande e complesso. Perché le pietre di
Stonehenge erano tutt’altro che isolate, sul loro prato verde, come le
vediamo oggi. Erano parte di un disegno e un paesaggio molto più ampio.
Una mappa che solo ora gli archeologi hanno iniziato davvero a
tracciare, grattando sotto la superficie con la forza della tecnologia,
cercando nel sottosuolo con strumenti che prima semplicemente non
esistevano.
Il paesaggio nascosto
Tutto intorno al più
mitico dei monumenti preistorici - datato tra 3000 e 2300 anni prima di
Cristo - c’era un paesaggio nascosto, fatto di decine e decine di altri
complessi monumentali simili, che ieri per la prima volta è stato
svelato anche in Italia, in un convegno organizzato dal Politecnico di
Milano. Intorno a Stonehenge c’erano altri cerchi di pietre e pali,
altre tombe e altri simboli da decifrare, addirittura villaggi interi.
Proprio lì dove si pensava non ci fosse nulla. Un universo rimasto
sepolto per anni, che gli scienziati hanno svelato grazie a sofisticati
rilievi geomagnetici e a misure radar svolte su un’area di oltre 14 kmq.
L’opera
certosina è iniziata dieci anni fa. Pensatelo come il passaggio di uno
scanner potentissimo e preciso, metro per metro sopra quell’area così
estesa. Fino a ricostruire tutti gli strati della sua storia. E fino a
scoperte enormi come le Durrington Walls: oltre 90 pietre simili a
quelle di Stonehenge, a meno di tre chilometri da Stonehenge, erette ben
prima. Le prime furono poggiate 4500 anni circa prima di Cristo. Alcune
erano alte quattro metri e mezzo. E fino a pochi mesi fa se ne ignorava
l’esistenza.
Le due tesi
«Forse le pietre di Stonehenge
erano state usate originariamente proprio a Durrington e poi spostate»,
suggerisce Immo Trinks, scienziato del Ludwig Boltzmann Institute for
Archaeological Prospection and Virtual Archaeology, capofila del
progetto insieme all’Università di Birmingham. Che spiega: «Con i punti
che abbiamo tracciato sulla mappa intorno a Stonehenge possiamo creare
altre suggestioni, nuove teorie e interpretazioni. Stiamo sviluppando
algoritmi per provare a fare ordine, ma il compito spetta agli
archeologi».
Per loro la grande domanda resta intatta: quali erano
lo scopo e il significato di Stonehenge? Scartata l’idea che fosse un
primordiale osservatorio astronomico, alla luce delle novità sono due le
ipotesi. La prima: che quel luogo così suggestivo fosse dedicato al
culto dei defunti. La seconda: che fosse un luogo di pellegrinaggio e
guarigione. Forse gli inglesi di allora avevano caricato di proprietà
miracolose la cerchia interna di «pietre blu» vulcaniche, quelle portate
lì dal Galles nella seconda fase della costruzione del sito. In
entrambi i casi, l’allineamento con il sole non sarebbe casuale. E
questo pare ormai uno dei (pochi) punti fermi.