La Stampa 19.5.16
Sanders ruba voti
La fronda democratica sulla strada di Hillary
Il partito diviso dopo la vittoria del senatore in Oregon e gli scontri dei fan in Nevada contro l’establishment
di Paolo Mastrolilli
La
«guerra civile» che doveva dilaniare il Partito repubblicano sta invece
scoppiando in quello democratico, e si aggiunge alla debolezza politica
di Hillary Clinton che ormai è un dato innegabile. Martedì l’ex first
lady ha vinto per un soffio le primarie in Kentucky, ma ha perso in
maniera netta in Oregon. L’attenzione del suo partito però è tutta
concentrata sul caos, gli insulti, le minacce e anche gli scontri fisici
che durante il fine settimana hanno rovinato la convention dei
democratici in Nevada, e ora minacciano di compromettere anche quella
nazionale in programma a luglio a Filadelfia.
L’appuntamento del
Nevada era un incontro regionale che serviva a definire la
rappresentanza dello Stato, vinto da Clinton, al congresso estivo.
Alcuni sostenitori di Sanders, però, lo hanno trasformato in una rissa,
accusando i dirigenti del partito di truccare le elezioni in favore di
Hillary. Agli insulti sono seguiti i disordini, i lanci di sedie, e
anche le minacce di morte registrate sulla segreteria del dirigente
locale Roberta Lange: «Quelli come te - diceva un militante anonimo -
andrebbero impiccati in una esecuzione pubblica». E poi ancora:
«Attenta, sappiamo tutto di te. Sappiamo dove vivi, dove lavori, dove
vanno a scuola i tuoi figli e nipoti».
Sanders è stato costretto a
pubblicare un comunicato con cui condannava i violenti, ma denunciava
anche che un suo ufficio è stato assaltato. La presidente del partito,
Debbie Wasserman, ha detto che la sua risposta non era «accettabile», e
il leader dei democratici al Senato, Reid, ha chiamato il collega Bernie
per chiarire. Anche il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha
criticato le proteste e le divisioni. Sanders ha risposto che comunque
andrà avanti fino alle primarie della California, il 7 giugno, anche se a
questo punto il suo svantaggio in termini di delegati è praticamente
incolmabile.
Il rischio ora è quello di una spaccatura del
partito, che regalerebbe la Casa Bianca a Trump. Hillary ha già
dimostrato di essere debole fra gli elettori bianchi della classe media e
bassa, i colletti blu, i giovani, e avrebbe assolutamente bisogno di un
appoggio convinto da parte di Bernie per cercare di costruire una
coalizione vincente. Il senatore del Vermont ha detto che non intende
fare come Ralph Nader nel 2000, cedendo alle lusinghe di Trump che lo
sollecita a presentarsi come indipendente, perché così toglierebbe voti a
Hillary e la condannerebbe alla sconfitta. Questo però non basta a
tranquillizzare i democratici. Come prima cosa, infatti, è necessario
che Sanders metta un freno ai suoi sostenitori, per evitare che la
Convention di Filadelfia somigli a quella compromessa dagli scontri a
Chicago nel 1968. Poi è indispensabile che lui offra un sostegno
autentico a Clinton, magari in cambio di posti nell’amministrazione,
attenzione alle sue idee nel programma, consultazioni sul nome del vice
presidente, perché senza il suo elettorato lei non può vincere. Fino a
due settimane fa questi spettri minacciavano i repubblicani, che invece
ora navigano verso l’unificazione intorno a Trump, mentre i democratici
rischiano la rissa.