La Stampa 18.5.16
Una partita più complicata del previsto
di Marcello Sorgi
Matteo
Renzi ha cominciato a capire che la partita del referendum di ottobre
si annuncia più complicata del previsto. E non solo perché il fronte del
No si sta allargando e guadagna posizioni nei sondaggi d’opinione a
discapito del Sì. Ma per il meccanismo stesso della consultazione
referendaria, in cui i suoi avversari, da qualsiasi parte provengano,
hanno più chance a collegarsi e a sommare i propri voti, che non in un
normale passaggio elettorale come quello che comincia il 5 giugno. Per
questa ragione ha chiesto ieri non a caso ai parlamentari Pd - i quali, è
il caso di ricordarlo, sono in attesa di ricandidatura, o altrimenti in
uscita dalla vita pubblica - di impegnarsi attivamente nella campagna,
senza limitarsi soltanto a schierarsi personalmente, ma dando una mano a
formare i comitati per il Sì.
La compattezza del Pd e l’assenza
di libere uscite verso il No di pezzi della minoranza sono infatti i
primi presupposti per combattere la battaglia referendaria con buone
possibilità di riuscita. In caso contrario - e qualche resistenza
comincia a farsi più forte, specie in ambito ex comunista - Renzi
dovrebbe valutare attentamente il peso e il potenziale
politico-mediatico di questo dissenso in una campagna lunga cinque mesi.
Il Pd si ritroverebbe 42 anni dopo nella stessa situazione in cui era
la Dc nel ’74 al referendum sul divorzio, quando dalle sue file si
staccò una consistente pattuglia di cattolici per il No che contribuì al
salvataggio dello scioglimento del matrimonio avvenuto con il 68 per
cento dei voti. Il paradosso di una, al momento ipotetica, situazione
del genere, sarebbe che allora Fanfani aveva condotto una specie di
crociata per l’abrogazione della storica legge Fortuna-Baslini e la
riaffermazione del principio dell’indissolubilità matrimoniale, mentre
stavolta Renzi dovrebbe difendersi dagli avversari interni
potenzialmente alleati del largo fronte degli esterni (da Salvini, a
Meloni, a Berlusconi, alla sinistra radicale, ai costituzionalisti
guidati da Zagrebelski) che puntano a cancellare la riforma, non a
difenderla.
Al di là delle cifre dei sondaggi, ancora premature
per la quantità di indecisi, Renzi è ancora convinto che sia molto
difficile sconfiggere il Sì e portare alla vittoria il No. Ma a ogni
buon conto, da qualche giorno ha fatto un significativo aggiustamento
della propria campagna, lasciando agli avversari la personalizzazione
sul suo nome e puntando sul più convincente argomento del numero delle
poltrone, che sarebbero tagliate in caso di trasformazione del Senato, e
sarebbero invece salvate da un mantenimento dello status quo.