La Stampa 18.5.16
Renzi al Pd: uniti sul referendum
Voglio sei mesi pancia a terra
Il premier: serve una tregua interna. E intanto fa pace con Emiliano
di C.Bertini-A.La Mattina
«Per
sei mesi dobbiamo lavorare pancia a terra», avverte Matteo Renzi. Il
corpaccione del partito lo ascolta e annuisce. I segretari regionali che
gli stanno seduti di fronte al terzo piano del Nazareno in un conclave a
porte chiuse sono preoccupati da un pensiero e uno gli domanda: ma il
partito sarà unito? «A chi di solito fa il controcanto, diciamo che
stavolta non gli conviene perchè la nostra gente perdona tutto ma non
quando si disertano le battaglie fondamentali». La risposta gelida e
minacciosa del segretario non ha bisogno di spiegazioni, tutti colgono
al volo il senso dell’avvertimento a Bersani e compagni. Che poco più
tardi sarà ripetuto in altri termini ai deputati e senatori chiamati a
raccolta. Con la richiesta «non dico di una tregua interna, ma occorre
parlare al paese, io farò solo questo e non altro». Ma la maggiore
spigliatezza del discorso del leader ai segretari locali, al riparo
dallo streaming della riunione serale con i parlamentari, rende meglio
l’idea di cosa pensi in questa fase non semplice.
I consensi anti-casta
A
loro fa pure l’ esempio di come si devono prendere col referendum i
consensi anti-casta anche nell’elettorato dei partiti avversari.
Convinto che molti elettori della Lega ad esempio apprezzino il fatto
che si riducono posti e stipendi dei politici. «Insistete molto sul
numero e sui costi degli stipendi, non abbiate paura di fare un atto
demagogico, perché invece è un atto contro il qualunquismo». Con un
ammonimento a tutti, perché «se passa il no è un inciucio
istituzionalizzato e larghe intese per sempre». Tradotto, se vince il
no, con l’Italicum per la Camera e il proporzionale per il Senato, sono
larghe intese assicurate.
Bersani, legittimo dire no
«Il
referendum sarà una grandiosa occasione per dire chi è riformista e chi
conservatore. Io non personalizzo la sfida, chi è per il no non è per
un’altra riforma, ma per lasciare quel che c’è», mette in chiaro. Ma
Bersani, che diserta il summit col leader alla Camera per andare dalla
Gruber, subito si mette di traverso. «Ho tutta l’intenzione di votare
sì. Ma la costituzione non può essere l’oggetto con cui dividi il Paese.
Nel Pd ci potrà essere qualcuno che aderisce a comitati del No ed è
legittimo che ci siano elettori che votano no».
Il disgelo col suo sfidante
Prima,
per tutto il giorno, il premier gira l’Italia a firmare patti per il
sud, dall’Aquila a Bari. Dove, tra un panzerotto e l’altro, scoppia la
pace a sorpresa con Michele Emiliano, il governatore pugliese. I due non
si parlavano nemmeno, si erano lanciati a distanza bordate politiche:
una contrapposizione prima sulla scuola, poi esplosa con il referendum
sulle trivelle. Renzi gli attribuiva l’intenzione di voler scalare il Pd
e di fargli la guerra nel partito. Emiliano ha sempre puntualizzato che
le sue critiche erano sul merito, non preconcette. Sui fondi per il Sud
in particolare l’ex sindaco di Bari aveva presentato un progetto di
investimenti per 4 miliardi. Soldi che sembravano non arrivare mai. Ieri
invece l’incontro del disgelo. La Puglia non avrà 4 ma solo 2 miliardi.
Un primo passo, secondo Emiliano, che vuole dimostrare a Palazzo Chigi
che la sua Regione è virtuosa, che saprà spendere al meglio questi
fondi. Ma il governatore più che di pace parla di tregua, di «un canale
di dialogo finalmente aperto». Così alla fine Renzi lo ha ringraziato
per avere rimodulato il piano in base ai due miliardi messi a
disposizione; e quest’ultimo ha ricambiato, precisando però che la
Puglia punta ad avere le restanti risorse. «Non molliamo: governare è
sempre doloroso, in particolare quando devi accettare cose che non ti
convincono, ma che non hanno alternative». Un compromesso che comunque
ha riportato il sereno. «Incontrando Renzi ho avuto la sensazione di un
rapporto serio. Ha capito le ragioni delle nostre perplessità e che
dobbiamo fare le cose insieme. Io e Renzi abbiamo ritrovato quella
simpatia reciproca, necessaria per far bene il proprio lavoro».