martedì 17 maggio 2016

La Stampa 17.5.16
La retromarcia di Renzi, no al voto in due giorni
Per le elezioni e il referendum. “Non voglio personalizzare le riforme” Brunetta e Salvini: “Gli serve un trattamento sanitario obbligatorio”
di Ugo Magri

Renzi cestina l’idea, che lui stesso aveva accarezzato, di concedere mezza giornata in più al popolo elettore: urne aperte pure il lunedì mattina anziché chiuderle domenica sera. La proposta era venuta da Alfano, ma figurarsi se il titolare dell’Interno avrebbe potuto sbilanciarsi senza che il premier fosse d’accordo. Dunque si immaginava che il Consiglio dei ministri mettesse ieri il timbro alla novità, limitandola per ora alle prossime Comunali. E che lo stesso metro sarebbe stato adottato più avanti per il referendum costituzionale di ottobre. Ma niente di ciò è accaduto. Il governo ha lasciato le cose come stanno: continueremo a votare una giornata soltanto, come peraltro avviene nel resto d’Europa.
«Polemiche pretestuose»
Se si dà retta ad Alfano, la retromarcia è stata innestata per non fare il gioco «strumentale» degli avversari, i quali erano già pronti a crocifiggere Renzi con ogni tipo di accusa. L’avrebbero tacciato di doppiopesismo (sulle trivelle il premier ha puntato sull’astensionismo, sulla riforma costituzionale invece vuole tutti alle urne). Gli avrebbero rinfacciato certe lontane dichiarazioni, addirittura del 2011, a favore dell’«election day». Erano pronti a sostenere che Renzi, allarmato dagli ultimi sondaggi, le sta provando tutte pur di trascinare i sostenitori del «sì» alle urne. E poi si sarebbe gridato allo spreco. Ancora ieri mattina, l’ex premier Enrico Letta twittava scandalizzato: «Voto in 2 giorni? Costa 120 milioni. Si eviti questo ulteriore sfregio». Ma quali 120 milioni, ha preso un filo d’aceto Alfano, tra Comunali e referendum il sovraccosto sarebbe stato di 23 al massimo.
Il ruolo del Colle
Per spiegare come era nata l’idea, da Palazzo Chigi filtra che certe massime cariche istituzionali l’avevano sponsorizzata. Mattarella? Sul Colle non risulta che il Presidente sia stato in alcun modo coinvolto; nel caso in cui la sua controfirma al decreto fosse stata necessaria, l’avrebbe messa senza problemi, questo sì. La verità forse è che qualcuno, magari lo stesso Renzi, si è accorto che votare un giorno in più sarebbe stato utile per vincere al referendum di ottobre, ma intanto avrebbe favorito il centrodestra tra due settimane, quando si sceglieranno i sindaci. Perché gli elettori berlusconiani sono notoriamente pigri, e si recano ai seggi solo se hanno tanto tempo a disposizione. Non a caso, Berlusconi sperava nella prolunga del lunedì: il dietrofront lo ha molto deluso. Per Renzi «meno si vota e meglio è», ha protestato la Bergamini, portavoce del Cav.
Chi personalizza il voto
Confermandosi una volta di più campione nell’arte dialettica, Renzi adesso sostiene che non ha mai minimamente inteso «personalizzare» il referendum sulla riforma Boschi. E che semmai sono le opposizioni a provarci, in quanto sprovviste di buoni argomenti. Salvini replica a Matteo dandogli della «faccia di bronzo». Brunetta addirittura invoca per lui un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio). Però è indicativo che Renzi rinunci a mettere l’Italia con le spalle al muro, dopo di me il diluvio, e punti invece su una scelta più serena. Ha capito che drammatizzare non serve a nessuno, tantomeno a lui.