venerdì 13 maggio 2016

La Stampa 13.5.16
I pediatri diventano sentinelle per combattere abusi e pedofili
Al via un progetto per formare specialisti in grado di capire i segnali di aiuto
di Sara Ricotta Voza

Una rete a maglie strette di 15mila «medici-sentinella» per non farsi scappare più casi di abuso su minori che altrimenti non verrebbero mai a galla. E perché storie terribili come quella della piccola Fortuna di Caivano non siano più una scoperta fatta nel peggiore dei modi.
I dati oggi disponibili dicono infatti che sono circa 80 mila - cioè 10 ogni mille - i bambini che ogni anno in Italia vengono abusati o maltrattati, e purtroppo si tratta della classica punta dell’iceberg mentre il grosso del fenomeno è sommerso. Per affrontare questa piaga in Italia si è attivato un progetto tutto nuovo: creare un network sanitario contro la violenza sui minori, finanziato con un milione di euro dall’azienda farmaceutica Menarini e realizzato con tutti i più importanti operatori sul campo, da Telefono Azzurro alla Società Italiana di pediatria (Sip) alla Federazione italiana medici pediatri (Fimp) all’Associazione Ospedali pediatrici Italiani (Aopi).
Il progetto è già partito con la formazione di una prima task force di pediatri che a loro volta ne formeranno altri sul territorio fino a creare 1200 medici davvero esperti del fenomeno e in grado di riconoscere e intercettare i segnali meno evidenti per evitare il peggio. Saranno questi, poi, i punti di riferimento per la rete di 15 mila fra pediatri e medici di base che sapranno a chi riferirsi per consultarsi se rilevano un caso sospetto.
«Il riconoscimento di un abuso sessuale non è facile perché non sempre ci sono segni clinici evidenti», spiega il professor Pietro Ferrara, docente di Pediatria all’Università Campus Biomedico di Roma e Università Cattolica, referente nazionale dell’Associazione Italiana di Pediatria per abusi e maltrattamenti. «A fronte di maltrattamenti che portano a danni fisici che permettono diagnosi, infatti, nei casi di abuso sessuale i segni sono più sfumati, al punto che dopo 14 giorni dall’abuso non è possibile trovare lesioni a livello imenale e così 30 volte su 100 non si vede nulla...».
Il professore ha appena tenuto a Roma una tre giorni di full immersion con una trentina di pediatri che già da oggi a loro volta stanno formando altri colleghi con 23 corsi in tutta Italia per raggiungere la famosa task force dei 1200 esperti. In questa fase del progetto battezzata «Train the trainers» vengono specificati soprattutto i segnali d’allarme dell’abuso. «Si tratta di segni “sfumati”», spiega Ferrara, «aspetti comportamentali che si manifestano con cambiamenti improvvisi dell’umore, delle abitudini e dell’aggressività; altre volte con episodi autolesionistici o regressivi come il bagnare il letto o perdere le feci; altre ancora con atteggiamenti da adulti fortemente sessualizzati o seduttivi».
Fra i segnali di allarme ci sono anche il lamento continuo di dolori fisici, i disturbi del sonno, il calo improvviso del rendimento scolastico e il timore verso gli adulti in generale o uno in particolare. Insomma, un invito per il pediatra e il genitore a non banalizzare quando il bambino appare insolitamente «strano».
Perché i genitori spesso tendono a non voler vedere, e i pediatri non hanno formazione adeguata sul tema non per colpa loro ma perché per intercettare precocemente un segnale ci vuole preparazione speciale.
«Negli Stati Uniti dal 2009 c’è la specializzazione in “child abuse” e in ogni Stato ci sono centri che si occupano di questo», spiega Ferrara, «In Italia nei corsi di laurea in medicina e pediatria non si fa formazione specifica, ma questo progetto dimostra che finalmente siamo partiti».
Dopo il primo step del «riconoscimento» il pediatra si consulterà e valuterà se c’è un sospetto concreto che porterà quindi a mettere in sicurezza il bambino con l’eventuale ricorso all’autorità giudiziaria.
«Il progetto risponde anche a un’altra esigenza, rilevare l’entità del sommerso perché in Italia non c’è un Osservatorio specifico e i dati sono presuntivi», concluede Ferrara, «Con le reti ampie che abbiamo ora la gran parte dei casi ci sfugge, i pediatri-sentinella servono proprio a stringere le maglie e a raccoglierne il più possibile».