La Stampa 13.5.16
Marc Augé
“Le mie periferie non sono un concetto geografico”
Il sociologo francese: la lontananza va letta in senso sociale
intervista di Laura Aguzzi
C’è
un grande malinteso nel concetto di periferia. Ce lo racconta Marc
Augé, antropologo francese, teorico dei non-luoghi, oggi al Salone del
Libro in un incontro con Stefano Boeri e Federico Vercellone sul tema
dello sviluppo delle città
«L’errore più comune è applicare una
categoria geografia a un problema sociale ed economico. L’idea di
periferia esclude quella di centro, ma è un concetto sbagliato.
Prendiamo Parigi: ci sono dei quartieri che sono periferici solo in base
al tipo di popolazione che vi abita. O la stessa Molenbeek, l’area di
Bruxelles divenuta snodo del terrorismo internazionale: non è un
quartiere estraneo alla città. Piuttosto alla società».
Il loro punto in comune è di essere quartieri con una storia particolare di immigrazione, divenuti quasi dei ghetti.
«Esiste
una tensione tra il desiderio di mobilità e quello di un luogo cui
appartenere: sono ideali mai totalmente realizzabile. I luoghi hanno una
loro storia e le persone che vi si spostano devono essere in grado di
appropriarsene. Ma è una dinamica complessa e lunga»
Quali sono gli errori da non ripetere, anche in base all’esperienza francese?
«Quando
negli Anni 70 in Francia abbiamo accolto i figli dei migranti
economici, originari soprattutto del Nord Africa, non abbiamo capito
l’ampiezza del compito che ci aspettava. Questi bambini sono andati a
scuola, ma per formarli ci sarebbe voluta una mobilitazione eccezionale.
Invece si è pensato che la loro presenza fosse temporanea. Questi
giovani si sono sentiti accettati solo in apparenza: erano francesi
certo, ma di serie B. È stata una politica incompleta e poco
coraggiosa».
Oggi quali sono i rischi?
«Nei vuoti lasciati
dalla società, si sono insediate la criminalità e il radicalismo
religioso: ha preso così piede una sorta di idea romantica della Jihad.
Un tentativo di islamizzazione radicale che impregna progressivamente la
società e mette in pericolo l’ideale di laicità. Si tratta certamente
di un minoranza, ma molto attiva e agguerrita e che riesce spesso a far
pesare il proprio linguaggio sulla comunità musulmana».