La Stampa 12.5.16
Brasile, Dilma sospesa per 6 mesi dalla presidenza
Nella notte il via libera del Senato al processo d’impeachment
L’accusa: ha manipolato i conti dello Stato per la rielezione nel 2014
di Emiliano Guanella
Triste,
solitaria e finale; Dilma Rousseff ha passato così, nella residenza
ufficiale dell’Alvorada, la sua ultima notte da presidente in carica del
Brasile. Stamattina le verrà comunicata ufficialmente la decisione del
Senato che ha approvato in ora avanzata l’apertura del processo politico
contro di lei. Viene sospesa dalle sue funzioni per un periodo massimo
di 180 giorni ed al suo posto entra ad interim il vice Michel Temer.
Finisce
in panchina e dovrà difendersi dall’accusa di aver manipolato i conti
dello Stato per facilitare la sua rielezione del 2014. Fino a ieri stava
pensando sulla sua uscita di scena; se fosse meglio lasciare il palazzo
di Planalto in sordina o scendendo la famosa “rampa presidenziale”
acclamata dai movimenti sociali e sindacati. Lula da Silva, suo
predecessore e mentore politico le ha consigliato la prima ipotesi, per
evitare un’immagine che di fatto segnerebbe la fine di un’epoca, i 14
anni del Partito dei Lavoratori al potere. Lei è arrabbiata e
demoralizzata; vuole lottare, ma si ritrova, nel giorno più drammatico
della sua carriera politica, incredibilmente isolata. Ha percorso 20.000
chilometri in due settimane per denunciare il “golpe” del Parlamento;
accompagnata da militanti femministe, studenti e contadini senza terra,
ma sono pochi i compagni di partito sono andati a visitarla e pure i
governatori alleati hanno iniziato a defilarsi, preoccupati di
instaurare fin da subito una relazione perlomeno cordiale con Temer.
Dilma lascia l’ufficio, ma non deve traslocare di casa; rimarrà
alloggiata nella residenza dell’Alvorada. Temer resta nella sua magione
ufficiale, il palazzo di Jaburu, volatile tipico delle paludi del
Pantanal, tra il Mato Grosso e il Paraguay; è proprio nelle paludi
politiche del tentacolare Congresso brasiliano che il presidente ad
interim dovrà districarsi, se vorrà sopravvivere. Ha il sostegno
dell’ottanta per cento dei parlamentari, degli industriali e dei grandi
proprietari rurali, i mercati lo appoggiano e la grande stampa,
soprattutto il potente gruppo Globo, è con lui. Ma questa “luna di
miele” può durare poco; deve dimostrare rapidamente che può raddrizzare
l’economia, far quadrare i conti pubblici, ristabilire fiducia.
Nel
discorso che terrà oggi, dopo l’investitura, farà un appello al paese
reale, appoggerà le inchieste in corso sulla corruzione e il
mantenimento dei programmi assistenziali. I nomi forti della sua squadra
sono l’ex governatore della banca Centrale Henrique Meirelles
all’Economia e il socialdemocratico José Serra agli Esteri. Mentre i
sindacati annunciano mobilitazioni, i mercati si aspettano per la
prossima settimana i primi annunci. Il tempo stringe, Temer sa di non
essere conosciuto né popolare per un’opinione pubblica stanca delle
promesse della classe politica e che preferirebbe andare a votare
subito. Deve dare dei segnali concreti e mantenere la pace sociale
almeno fino alle Olimpiadi di Rio de Janeiro ad agosto. E nel Brasile di
oggi due mesi e mezzo possono essere un’eternità.